Il personaggio

Mihail Ion incanta l'anima con lo Stradivari

Anna Pinazzi

A 21 anni suona un violino del 1730 «È stato amore a prima nota»

Chiude gli occhi, Mihail Ion, e mentre suona, l'archetto si muove come fosse un suo prolungamento. Il contatto epidermico con lo strumento diventa un incontro di anime: «Il violino è a tutti gli effetti una parte di me», racconta. Spesso capita che suoni un tesoro immenso: uno Stradivari del 1730. Uno strumento che è anche un'opera d'arte, un pezzo di storia: è stato valutato circa 15 milioni di euro. Ma chiaramente la cifra non è comparabile al valore culturale. «All'inizio avevo quasi soggezione a usarlo - sottolinea il giovane musicista - poi mi sono abituato e per me è quasi la normalità». Quando suona quel «tesoro» sente «di avere una grande ma bellissima responsabilità». Però è stato da subito «amore a primo suono».
Ha solo 21 anni Mihail, anche se sembra ne abbia vissuti molti, molti di più: un'infanzia travagliata, la lontananza da Bucarest (dove è nato), l'arrivo in Italia lo hanno fatto crescere in fretta. La musica, passione tramandata dal papà, c'è sempre stata: uno spiraglio, uno spazio di comprensione, una realtà altra «in cui riesco ad esprimermi davvero, ad essere me stesso».

Ha studiato per qualche tempo al conservatorio, ma la vera ispirazione è sempre stata suo padre, Aurel Ion, un noto violinista che per diverso tempo ha suonato nella Toscanini. Il rapporto tra i due è profondo, sincero, saldo: «Mio padre è il mio esempio - dice il giovane artista -: adesso suona solo per me». Tra gli incontri fortunati c'è anche quello con un’altra figura molto importante, quella del maestro Geza Hosszu-Legocky: «Oltre a essere un insegnante straordinario è anche un esempio per me e non solo nella musica - racconta Mihail -. Oltre a studiare con lui, ho l’onore di essere uno dei suoi protégé. Ricordo perfettamente la prima volta che lo disse a un pianista: un'emozione che non dimenticherò mai». Dall'aula, dalle ore a tu per tu con il Maestro, fino allo Stradivari del 1730: come è avvenuto questo passaggio? «Per poter suonare questo strumento prezioso ho dovuto fare una sorta di audizione - racconta -: mi hanno chiesto di presentarmi, di parlare dei miei obiettivi: alla fine l’Acam (Accademia concertante d'archi di Milano, ndr) ha scelto me su 400 candidati». Ma lo Stradivari non è il solo «tesoro» che Mihail può suonare. Da qualche tempo incanta il pubblico anche con un «Amati» del 1663 appartenuto al Re di Francia. Infatti il suo nome è «Ex Roi de France», strumento commissionato per l'orchestra della corte del re Sole.

Le note riallacciano i fili di una storia umana comune , poi intima: la sua storia, quella di Mihail, il suo dolore e le sue ombre, così come le sue passioni, il suo credere in modo ostinato alla sensibilità e alla poesia: «Ho una visione romantica di tante cose - sorride - e sono troppo sensibile: la musica mi ha aiutato tanto». La sua malinconia ed energia insieme ha come sottofondo una Balada ciprian porumbescu, il concerto per violino di Brahms o la Ciaccona di Bach. Ma oltre le note c'è molto di più: «Durante i concerti, quando mi chiedono il bis, punto sempre a proporre brani della tradizione rumena, la mia tradizione - sottolinea l'artista -: punto a fare conoscere, quindi, la vera parte di me e delle mie origini di cui vado fierissimo».
Quando parla, Mihail trascina con sé anni difficili, addolciti da quel tempo ineffabile che la musica gli ha regalato. Il suo tempo. Così ecco che parlando di questo o quel brano, di questo o quel violino, pare più semplice immaginarsi il futuro.
I suoi sogni hanno tutta la tenerezza dell'affetto e quasi spiazzano per la concretezza: «Il mio più grande desiderio? Suonare con il mio papà - dice senza esitare -: Immagino spesso noi due sul palco come solisti».