Sicurezza, igiene, bolletta della luce. E ancora: spesa alimentare, posto auto, connessione wi-fi, uno spazio dove i bimbi possano sfogarsi sorvegliati da persone di fiducia. Vivere, che fatica. Stress, precarietà e pressione fiscale non corrono certo in aiuto. Non solo: società moderna, società individualista. Se da un lato la tecnologia permette oggi relazioni affettive e professionali anche a grande distanza, abbattendo le frontiere della conoscenza e democratizzando l’accesso ad ogni genere di servizio e opportunità, è anche vero che cellulari, Internet e Tv a schermo piatto da 50 pollici che proiettano reality show e incontri di Champions League comodamente nel salotto di casa hanno a poco a poco indebolito le proprietà sociali di buona parte della popolazione.
Se mal gestito e mal interpretato, il benessere cannibalizza la vita pubblica dell’individuo che tanto si è sacrificato per conquistarla. Se perde il senso delle connessioni umane, l’uomo impoverisce le proprie qualità di animale culturale. Coppie in crisi e adolescenti con serie difficoltà a rapportarsi con il prossimo sono specchio di una deriva che non solo interessa la sfera sociale di una comunità, ma fatalmente ne moltiplica il costo della vita. Perché ad ogni livello e qualunque sia la fonte di ispirazione, condividere è risparmiare. Sofferenza e denaro.
Da dove allora cominciare, se non da un tema chiave come quello dell’abitazione? Il concetto odierno di famiglia e l’attuale rigida divisione degli spazi abitativi mostrano sempre più i loro limiti: bambini che conoscono prematuramente la solitudine rimanendo per ore in casa, genitori alle prese col problema di conciliare il lavoro col tempo da dedicare ai figli, inoltre la diffusa mancanza di luoghi di incontro e di sana socializzazione per giovani, adulti ed anziani. Ecco perché da qualche tempo si va affermando un modello abitativo, quello del
Si parla di co-housing per la prima volta in Scandinavia circa mezzo secolo fa. La felice esperienza si diffonde presto in tutto il Nord Europa, in Australia, negli Stati Uniti e in Giappone. In Italia, solo negli ultimi anni si è iniziato a trattarne con una certa insistenza, sospinti non solo dalla necessità di mutuo aiuto nella gestione domestica, ma soprattutto mossi dal desiderio di recuperare quel modello di grande famiglia estesa, di rete di aiuti reciproci, così diffusi fino a qualche decina di anni fa. D’altra parte, il co-housing offre un contesto sociale privilegiato, simile a quello che si sperimenta in un vero e proprio
Co-housing potrebbe essere reso in italiano con l’espressione
Quale che sia la destinazione delle aree comuni, e in generale l’interpretazione di co-housing di volta in volta assegnatagli dagli inquilini, il principio fondamentale è sempre quello della sostenibilità in
© Riproduzione riservata
Gazzetta di Parma Srl - P.I. 02361510346 - Codice SDI: M5UXCR1
© Gazzetta di Parma - Riproduzione riservata