Unire tradizione ed innovazione – in soluzioni efficaci nell’interesse del consumatore e delle imprese – è da sempre l’obiettivo di Confagricoltura. E il nuovo presidente di Confagricoltura Parma Mario Marini sposa da subito un approccio che parte dagli elementi della tradizione – come il Parmigiano, il prosciutto e il pomodoro delle nostre terre – affiancandoli ai necessari elementi di innovazione nella gestione di imprese agricole vocate non solo alla realizzazione di prodotti di eccellenza, ma anche al voler fare impresa e quindi reddito.
“Il modello di agricoltura che vogliamo portare avanti – spiega Marini - è quello di un’agricoltura innovativa, che generi reddito, sostenibile ed attenta alle dinamiche di mercato ed al consumatore moderno. Di certo lo scenario attuale non è semplice né roseo, anche a causa di nuovi competitor che si affacciano sul mercato, ma l’agricoltura del nostro territorio è sana e capace di grandi risultati ed eccellenze. Ecco perché, per vincere queste sfide, diventa fondamentale garantire alle aziende agricole un moderno e dinamico supporto in termini di servizi ed un’incisiva azione in termini di rappresentanza sindacale nei tavoli di confronto associativo e politico”.
Numerosi i temi su cui aprire un’ampia riflessione. Primo fra tutti quello della Pac, la Politica agricola comune.
“Purtroppo gli strumenti della Pac decisi nemmeno due anni fa – sostiene il presidente - dimostrano di essere inadeguati, se non addirittura fallimentari. In vista dell’appuntamento della riforma della politica comune per il post-2020 condivido l’appello del nostro presidente nazionale Mario Guidi: basta restyling della Pac, ripartiamo da zero. Non ha più ragion d’essere il garantire un pagamento diretto generalizzato e per tutte le produzioni indipendentemente dall’andamento di mercato. Si rischia di sovracompensare gli agricoltori nelle fasi positive degli scambi e di non compensarli adeguatamente nei momenti di crisi. È questo il problema centrale del disaccoppiamento. Dobbiamo avere il coraggio di cambiare. Con quali fondi ed attraverso quali strumenti lo si dovrà decidere, certo è che occorre riflettere sul non successo degli strumenti presenti oggi nello sviluppo rurale ed anche sul rapporto tra pagamenti diretti e strumenti assicurativi”.
Dai temi di grande respiro, su scala europea, a quelli più strettamente locali, in primis quello del Parmigiano che pochi giorni fa ha approvato il nuovo piano produttivo. “Il nostro Re dei formaggi – il pensiero del neo presidente - ha bisogno di innovazione sul piano organizzativo. Serve un efficace progetto per l’export, una vera aggregazione dell’offerta e bisogna andare verso quell’interprofessione di filiera ormai non più rinunciabile in nessun settore. Non possiamo accettare, ad esempio, che il 67% dei consumatori degli Usa sia ingannato dal parmesan e da varie forme di italian sounding con il conseguente freno alle esportazioni di parmigiano su uno dei più importanti mercati per la nostra Dop”.
Tanto da fare anche nel settore degli allevatori e della carne suina. “I ripetuti ribassi registrati nella Cun (Commissiona Unica Nazionale) di queste ultime settimane hanno portato il prezzo della carne suina ben al di sotto dei costi di produzione, nonostante la consistente diminuzione del patrimonio suinicolo di questi anni. Il sistema è al collasso: soffre la mancanza di un programma strategico di rilancio della filiera ed una forte competitività internazionale aggravata dalle barriere doganali imposte da molti Paesi e dall’embargo russo che ha colpito duro con il crollo del 60,52% delle esportazioni verso la Russia dell’intero comparto agroalimentare che ha visto come principali vittime parmigiano e salumi”.
L’agricoltura di domani deve certamente guardare al biologico. “E in questo senso – sottolinea il presidente – arrivano segnali incoraggianti vista la crescita del 9,8% della superfice agricola bio in Emilia Romagna nell’ultimo anno, di cui un +2% solo per le colture cerealicole”. Secondo i numeri del Sinab, il Sistema di informazione nazionale sull’agricoltura biologica, l’Emilia Romagna svetta con circa 40.279 ettari complessivi di colture foraggere, incluse quelle destinate agli allevamenti di bovini da latte per la produzione di Parmigiano Reggiano. “E le domande di conversione al biologico – aggiunge il presidente - sono aumentate sul territorio regionale del 25% in un anno grazie anche agli incentivi derivanti dal nuovo Psr 2014-2020. L’attenzione al biologico è notevole ed ora il comparto ha bisogno di specializzazione e terreni vocati”.
Importante anche puntare sempre di più sull’ingresso e su un ruolo di responsabilità dei giovani in agricoltura. “È incoraggiante il +3,5% delle imprese Under 35 in Emilia Romagna, in controtendenza con il dato nazionale che fa registrare una flessione media pari a -3%. Il dato regionale fa ben sperare: investire sui giovani significa favorire il ricambio generazionale e promuovere una visione moderna della nostra agricoltura che sappia sfruttare i risultati della ricerca e della sperimentazione agricola e l’utilizzo di nuove tecnologie. I giovani imprenditori rappresentano il futuro del settore. Saranno loro a promuovere innovazione e investimenti verso un nuovo modo di intendere l’agricoltura, più vicina ai temi della sostenibilità e attenta alle tecniche high-tech e di precision farming puntando su big data, sensori e droni. Ma un’agricoltura anche più competitiva e orientata alla creazione di nuovi sbocchi commerciali. In sintesi, un’agricoltura capace di vincere le sfide della competitività sui mercati esteri”.
In tutto questo si inserisce una sfida di respiro ancor più ampio che guarda – con il progetto “Parma, io ci sto!” - ad un rilancio generale del “marchio” Parma e delle sue eccellenze. Confagricoltura Parma ha da subito sottoscritto il manifesto per rilanciare l’immagine della nostra città e della sua provincia quale terra del buon vivere, del gusto e dell’ingegno. “Parma, io ci sto!” veicola quei messaggi di dedizione al lavoro, di passione e di incontro tra tradizione e innovazione che ogni giorno contraddistinguono l’operato degli imprenditori agricoli. Un marchio Parma può aiutare anche il settore primario a portare nel mondo le proprie eccellenze: quelle vere, autentiche ed originali.
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