L’Italia si conferma al vertice della sicurezza agroalimentare con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4%), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4%) e di quasi 20 volte quella dei prodotti extracomunitari (7,5%). Dati che parlano chiaro, diffusi dalla Coldiretti presentando la “Black list dei cibi più contaminati”, un dossier che riassume le analisi condotte dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel Rapporto 2015 sui residui dei fitosanitari in Europa. i casi è più numerosi riguardano alimenti contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge dell’Unione Europea.
Occhio alla qualità
La poco onorevole palma di primatista nei prodotti agroalimentari contaminati spetta alla Cina. Secondo i dati della Relazione sul sistema di allerta per gli alimenti, su un totale di 2.967 allarmi per irregolarità segnalate in Europa, ben 386 (il 15%) hanno riguardato il gigante asiatico. Secondo Coldiretti, sono proprio i broccoli provenienti dalla Cina il prodotto alimentare meno sicuro: il 92% dei campioni è risultato irregolare per la presenza di residui chimici (è stata trovata la presenza in eccesso di Acetamiprid, Chlorfenapyr, Carbendazim, Flusilazole e Pyridaben). Sul podio salgono anche il prezzemolo del Vietnam con il 78% di irregolarità (con problemi derivanti da Chlorpyrifos, Profenofos, Hexaconazole, Phentoate, Flubendiamide) e il basilico dall’India, fuori norma in 6 casi su 10 (contiene Carbendazim, vietato in Italia perché ritenuto cancerogeno). In questa classifica rientrano anche tre prodotti in arrivo dall’Egitto, come le melagrane, le fragole e le arance, ma anche il peperoncino in arrivo dalla Thailandia e i piselli prodotti in Kenya (irregolari nel 10% dei casi controllati). Per quanto riguarda il continente americano, i meloni e i cocomeri importati dalla Repubblica Dominicana sono fuori norma nel 14% dei casi per l’impiego di Spinosad e Cypermethrin. Meglio dunque controllare attentamente la provenienza di ciò che si mette nel carrello della spesa: il made in Italy rimane la scelta più semplice per coniugare la tutela della salute con il piacere del palato, grazie all’elevato standard dei controlli e alla competenza e professionalità dei produttori del Belpaese.
I prezzi dei prodotti agricoli sono tornati (poco) a salire
Segnali di inversione di tendenza per quanto riguarda i prezzi dei prodotti agricoli. L’indice dei prezzi agricoli alla produzione, elaborato dall’Ismea, ha infatti registrato nel mese di marzo un valore pari a 105,9 (base 2010=100), segnando quindi una ripresa dell’1% rispetto al mese precedente. Rimane comunque evidente la flessione del 11,1 % rispetto al livello dei prezzi di marzo 2015. Per quanto riguarda i prezzi dei soli prodotti vegetali, i dati di marzo mostrano ancora una situazione di calo (-16,5% su base annua), anche se pure in questo caso si registra una lieve ripresa congiunturale (+1,3% rispetto a febbraio).
Il calo tendenziale riflette soprattutto la flessione dei prezzi della frutta e degli olii e grassi vegetali (rispettivamente pari a -30,1% e -30,7% su base annua), ma anche il calo più contenuto delle quotazioni dei cereali e dei semi oleosi (-13,0% e -13,6%). In flessione anche le quotazioni dei vini (-2,4% su base annua), in questo caso dovuta in soprattutto ai vini comuni e ai vini Igt. L’unico dato positivo su base annua per il comparto vegetale è dato dalle colture industriali (+8,8%).
Per quanto riguarda invece la variazione mensile tra febbraio e marzo, tutte le coltivazioni riportano variazioni nulle o negative, con la sola eccezione degli ortaggi e dei legumi che fanno registrare un +13,9% rispetto a febbraio, trainando di fatto tutto il rialzo del settore.
Per quanto riguarda invece il comparto zootecnico, la dinamica resta nel complesso negativa (-4,2%) nonostante la variazione tra febbraio e marzo nel complesso sia stata favorevole (+0,5%). Il dato tendenziale riflette le variazioni annue negativa per tutti i settori ma in particolare per i prezzi delle uova che segnano un -22,0% rispetto a febbraio 2015.
Nel 2015 il settore ha fatto comunque registrare un incremento del 6,2% rispetto all’anno precedente un strategia regionale per dare impulso all’export
È partito giovedì 21 aprile un ciclo di incontri promossi dall’assessorato regionale all’Agricoltura rivolti alle piccole e medie imprese agricole e agroalimentari dell’Emilia-Romagna per affrontare, con l’aiuto di esperti, le principali tematiche relative all’internazionalizzazione. I dati parlano chiaro: nel 2015 l’export agroalimentare dell’Emilia-Romagna è cresciuto del 6,2%. Un risultato lusinghiero, “ma c’è ancora un significativo potenziale inespresso che dobbiamo saper cogliere. Sono ancora troppe le imprese che non vanno all’estero. Vogliamo aiutarle, mettendo in campo una pluralità di strumenti”, ha sottolineato l’assessore regionale all’Agricoltura Simona Caselli.
Formula vincente
Il primo incontro, andato in scena nella sede della regione a Bologna, è stato dedicato alle barriere fitosanitarie, uno degli ostacoli principali che il mondo agricolo deve affrontare sui mercati globali, talvolta giustificate dal proliferare di nuove patologie di origine tropicale, ma spesso inserite a scopo protezionistico. Negli appuntamenti successivi si parlerà invece di “Barriere tariffarie, commerciali e di accordi internazionali”, “Strumenti, nuove tecnologie e incentivi per l’export delle imprese agroalimentari: dall’e-commerce, alla Borsa telematica”, “Innovazione, start up e partnership con le istituzioni scientifiche” e “Tutela dei marchi e lotta alla contraffazione”. Il ciclo di seminari è frutto della strategia post Expo messa in campo dall’assessorato regionale, definita a partire dal convegno “L’eredità di Expo per l’agricoltura emiliano-romagnola” di gennaio. Nello stesso ambito, nei giorni scorsi cinque grandi gruppi dell’agroalimentare regionale si sono recati in Cina e in Giappone per una importante missione commerciale.
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