Galli: «Oltre alle fasce più deboli bisogna vaccinare le zone con focolai»
Se usciremo dalla pandemia sarà grazie ai vaccini, che però dovrebbero essere disponibili in quantità di gran lunga maggiori. E per essere più efficaci serve una doppia strategia: vaccinare in base alle categorie di persone, partendo dagli anziani, ma anche aumentare le vaccinazioni nelle zone con focolai e picchi di contagi. L’analisi è di Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, che ieri ne ha parlato in un webinar su «Prevenzione sanitaria e salute pubblica» organizzato dall’associazione Il Borgo. Il terzo incontro del ciclo «Agenda Parma 2022» è stato aperto da Stefania Re (Circolo Nuove luci - Giorgio La Pira) e dal medico Maurizio Vescovi. Galli ha illustrato la tematica di Covid-19 e vaccini sotto diversi aspetti - dagli studi clinici alle prospettive per il futuro - mentre Massimo Fabi, direttore generale dell’Azienda ospedaliero-universitaria, si è soffermato sui risvolti locali, apprezzando tra l’altro l’idea di Galli della doppia strategia per le vaccinazioni.
VACCINI E VARIANTI
Galli ha sottolineato che avere vaccini efficaci è stato un grande risultato ma «probabilmente questo non è il capolinea di una storia che rischia di prolungarsi. È una tappa: non è inverosimile che si sarà costretti ad aggiornare questi vaccini, in tempi non lunghissimi da oggi». Poi un excursus sui dettagli clinici di vari tipi di possibili vaccini anti-Covid, come quelli che contengono il virus vivo attenuato (come per l’antinfluenzale; ci sono progetti in corso ma «forse non avrà un grande ambito di applicazione»). Un’altra possibilità è utilizzare il virus inattivato, cioè morto: «Due-tre vaccini cinesi hanno avuto questo approccio. Possono essere interessanti perché a bassissimo costo e non è escluso che possano avere una risposta immune valida anche in persone che non hanno avuto buone risposte con altri vaccini. E la preparazione potrebbe essere più rapida, ove dovessimo aggiornare il vaccino» per combattere nuove varianti del coronavirus. È simile il vaccino con «subunità», che ha dato risultati in Sudafrica. Si può fare il vaccino usando un vettore virale che fa produrre anticorpi. Quelli con Rna messaggero, inoltre, hanno dimostrato un’efficacia molto elevata (e li usiamo in questo momento). Nel mondo però sono stati studiati almeno 58 vaccini e una quindicina sono arrivati allo stadio finale.
Secondo Galli è sbagliato vaccinare le persone che hanno già avuto la malattia in questa fase, «tenendo conto che non è improbabile che vadano vaccinate per le nuove varianti». Quella inglese, nota l’infettivologo, è stata individuata dagli esperti del Regno Unito (che ha fatto massicci investimenti sulla ricerca) il 23 settembre 2020: si diffonde rapidamente (il 37-38% in più) e infetta più facilmente bambini e ragazzi, ma i vaccini la neutralizzano. Con le varianti sudafricana e brasiliana invece la risposta dei vaccini «è nettamente inferiore a quella massimale. E questo è un serio problema: potrebbero essere in grado di sfuggire agli anticorpi». Ma non saremmo daccapo: si ipotizza che chi si vaccina ora avrà anticorpi sufficienti per evitare forme gravi della malattia, anche in caso di nuova infezione con varianti.
Per Galli le case farmaceutiche dovranno rimodulare i vaccini in tempi rapidi, anche se è preoccupante non averne alcuno per chi ha meno di 16 anni. Per l’esperto l’imperativo dovrebbe essere vaccinare subito. Suggerisce una doppia strategia: «Oltre a vaccinare per strati - grandi anziani, persone fragili e il resto - è importante vaccinare anche per zone, dentro e attorno alle situazioni di focolaio. Manca però il vaccino. Ci si augura che le difficoltà vengano superate».
L’EMERGENZA A PARMA
Il direttore dell’Azienda ospedaliero-universitaria giudica interessante la proposta di Galli: «Due settimane fa avevamo un Rt 1.3 nei comuni di Fidenza, Salsomaggiore e Busseto. Un intervento di contact tracing molto ben praticato dalla Sanità pubblica, con le Unità mobili e le Usca, ha consentito di farlo scendere a 0.8 in tre settimane e di contenerlo a 1.1 nel distretto di Parma, che ha visto una crescita importante nello stesso periodo. Se avessimo avuto la possibilità di intervenire in maniera integrata e pervasivo, avremmo ottenuto in una determinata area un risultato molto più significativo». La penuria generalizzata di dosi penalizza anche Parma: «Su 460mila abitanti abbiamo un target di 390mila persone (la popolazione oltre i 18 anni). Potremmo vaccinare oltre 5mila persone al giorno. Ne vacciniamo 5mila a settimana, con le disponibilità che abbiamo». Non è mancato un excursus sulle tappe della riorganizzazione della Sanità parmigiana in questo anno di pandemia. Vescovi ha sottolineato quanto la flessibilità sia importante nel sistema sanitario: i risultati più consistenti sono stati ottenuti dove ospedali e medicina territoriale hanno lavorato in maniera integrata.
VACCINO ITALIANO
Si può pensare di avere un vaccino fatto in Italia? Non in tempi brevi: per Galli l'Italia doveva avere più lungimiranza e meno burocrazia per eventuali iniziative del genere. «Bisognava pensarci la scorsa estate, quando girava la fola che il virus si stava rabbonendo - ha risposto alla domanda di chiusura -. Se anziché aprire le discoteche si avesse avuto il coraggio di convertire impianti per la produzione di vaccini, ora avremmo una situazione differente. Una produzione su licenza delle varie case e non saremmo di fatto schiavi». «Un Paese come il nostro e buona parte dell’Ue - ha aggiunto Fabi - non possono non considerare grossi investimenti sulla ricerca e sulle imprese per produrre tempestivamente ciò che servirà. Periodicamente, le pandemie destabilizzerano i nostri equilibri».