«Io, disabile, grazie agli eroi del Maggiore ho vinto la guerra contro il Covid»

Un paziente «particolare» dice grazie al Maggiore di Parma con una lettera davvero commovente: ringrazia tutti gli «eroi» dell'ospedale non solo per le cure, ma anche per non averlo lasciato mai solo a combattere contro il Covid.

Il mio nome è Luca Vitali, e sono un «parmigiano del sasso» un po’ speciale di 40 anni, abile «diversamente» che sfortunatamente è stato ricoverato dalla serata del 26 dicembre 2020 per Covid-19 all’ospedale Maggiore. A casa ero arrivato a stare veramente molto male con febbre alta e saturazione a 75, al punto da obbligare il ricovero urgente attraverso il pronto soccorso. Subito dopo un accurato accertamento mi hanno trasferito al reparto di Rianimazione, mi hanno messo il famigerato «casco».

È stato un brutto momento, ero lucido ma ho avuto molta paura, ero angosciato e pensavo di non farcela, perché ero solo (mia madre, il sostegno della mia vita, non ha potuto accompagnarmi) e stavo veramente male. In quel momento ho pensato con profonda tristezza a mio fratello Gianluca, scomparso drammaticamente a causa di un assurdo incidente e mi sono detto: «Fratellone, mi sa che sto venendo da te». Fortunatamente le cose si sono risolte in modo diverso. Non ho passato dei bei giorni. Ma li ho superati, e vorrei elogiare tutto lo staff medico e infermieristico, in particolare  il dottore Saccani che, con grande professionalità e gentilezza, ha saputo non solo curarmi, ma mi ha fatto sentire meno opprimente il peso del ricovero. Per non parlare di tutta l’équipe: dei professionisti ma anche delle persone profondamente umane  che con grande competenza hanno contribuito a farmi stare bene. Un pensiero particolare al professore Riccardi, un primario degno di questa qualifica, competente e acuto, che mi ha saputo trasmettere fiducia e stimolare a combattere per andare avanti e non mollare.

E io sono un tipo che ha già i suoi «problemi». Dopo aver passato dei giorni veramente fastidiosi con il casco, con quel rumore continuo che mi faceva impazzire, con mio sollievo mi hanno trasferito in Sub-intensiva respiratoria dove sono stato, comunque,  attaccato a un monitor con tanti fili per altri 9 giorni. È stata dura, e non si sapeva se ce l’avrei fatta. Se è successo è certamente grazie a tutto il personale di reparto, dei medici, di tutti gli infermieri: in special modo l’infermiera Enrica che, con la sua professionalità e il suo affetto, ha saputo darmi conforto per andare avanti; ma anche le Oss Alessia e Elisabetta, abili e gentilissime, che mi hanno fatto superare l’imbarazzo durante le necessarie cure d’igiene. Tutti hanno lavorato con amore e non mi hanno lasciato mai solo, e se in qualche momento ero triste, quando pensavo alla mia mamma sola a casa, loro mi hanno supportato con gesti e con parole di grande affettuosità. Non dimentico nemmeno il fisioterapista Graziano, non solo per la professionalità ma anche per il sostegno, per avermi sostenuto e incentivato amichevolmente a camminare, una cosa non semplice in quel momento. Infine, dopo un periodo che mi è sembrato lunghissimo, mi hanno trasferito nel reparto «Pulito», dove non si parlava più di covid, e senza fili attaccati, ma solo con la cannula dell’ossigeno (di giorno) con occhialini e mascherina (di notte), con un monitor che mi controllava.

Ogni volta che venivano i medici in visita, grazie alla tecnologia, ho potuto tenere aggiornata la mia mamma. Anche nel reparto della clinica Pneumologica ho incontrato dei professionisti, ma soprattutto delle persone che fanno il loro lavoro con passione, preoccupandosi di chi sta male, di chi soffre, di chi ha paura e pensa di non farcela. A partire dal primario professore Chetta che mi ha dato fiducia e stimolato a non lasciarmi andare: ma anche tutte le infermiere, i colleghi medici, gli Oss. Cito a memoria: Catena, Graziano, Antonio, Nicola,  Giacinto e mi scuso se ne dimentico qualcuno. Voglio ricordare anche i fisioterapisti Giuseppe e Federica, anche loro professionisti di grande valore, bravi nel loro lavoro al punto che sono riuscito a tornare a camminare da solo, seppur con il girello e a braccetto con Federica, cosa che mi ha fatto ricordare com’ero da piccolo.


Vorrei concludere dichiarando la mia assoluta fiducia nel personale sanitario del nostro ospedale, che mi ha fatto superare un momento che non auguro al mio peggior nemico, una situazione difficile lontano dalla propria famiglia, drammatico, soprattutto per chi, come me, ha già delle sue fragilità.  Oggi devo dire che mi sento un po’ un reduce da una guerra, vinta certamente grazie la mia tenacia e alla volontà ma, soprattutto, grazie a tutte quelle persone in camice bianco o verde, che a ragione sono state definite «Eroi». Grazie
Luca Vitali