Ora la città rischia di perdere la polizia di frontiera

La burocrazia, si sa, ha logiche e ragioni che spesso con la ragione non hanno niente a che vedere. Come se, invece del buon senso, il tutto fosse governato dal caso. O, peggio, dalla stoltezza. Proprio la sola spiegazione che potrebbe giustificare l'ingiustizia che sta per piombare sull'aeroporto di Parma. E, più in generale, sulla gestione della sicurezza nella nostra città. 


«Dopo più di un anno di indiscrezioni ci ritroviamo un’altra volta a discutere della chiusura dell’ufficio di polizia di frontiera di Parma – spiega  Nicola Paolella, segretario provinciale del Siap - Sindacato italiano appartenenti alla polizia. - Proprio in questo momento di rilancio dello scalo si pensa di sopprimere l'ufficio trasferendo competenze e funzioni  alla Questura». Beh, poco male, si  potrebbe obiettare: si tratta, in fondo, solo di uno spostamento di agenti e del trasloco di qualche ufficio. Ma lo abbiamo detto: la burocrazia gioca con regole tutte sue. E quello che sembra semplice, quasi mai lo è.


In primo luogo, infatti, gli uomini in servizio in aeroporto – 12 mentre dovrebbero essere 19 – andranno ad incrementare la pianta organica della questura per una specie di partita di giro, senza alcun guadagno. Si, perché, pur essendo incorporati nelle risorse di borgo della Posta, dovranno essere continuamente mandati all'aeroporto per svolgere il loro compito all'arrivo e alla partenza degli aerei mentre una piccola aliquota dovrebbe comunque essere sempre in loco, per svolgere il servizio minimo di controllo.  Se a questo si aggiunge che per ricoprire l'incarico di polizia di frontiera servono competenze specifiche che si ottengono con corsi ad hoc e che solo questi agenti hanno svolto, è facile capire che la sicurezza e la vigilanza in città non migliorerebbero. Ma  ci sarebbero solo complicazioni in più. 


D'altra parte, però, si potrebbe argomentare che in un periodo speciale tutti devono fare un sacrificio in più. E sarebbe sacrosanto se, appunto, lo sforzo riguardasse tutti. Invece, guarda un po', a gettare il cuore e la divisa oltre l'ostacolo sarebbero Parma e una manciata di altre città. Questo piano prevede infatti  la soppressione dell'ufficio di Parma e pochi altri, tra cui quelli nei porti, importantissimi,  di La Spezia e di Gioia Tauro. Mentre, strano a dirsi, altrove nessuno rischia tagli: a Rimini, dove non sono previsti voli fino ad aprile, sono presenti  45 agenti di polizia; all'aeroporto di  Firenze, che è chiuso per lavori,  ogni giorno prendono servizio 50 operatori mentre il record spetta a Brescia dove, da anni, non atterra più un volo passeggeri. In compenso, arriva cinque volte alla settimana un aereo delle Poste Italiane che scarica  la posta. E per tutelare lettere e cartoline ci sono operativi 25 agenti. 


Insomma, ancora una volta sembra di vedere la solita storia dove ci sono figli e figliastri. E dove qualcuno è più uguale degli altri. Ma quello che colpisce è che questa sforbiciata, spiegata con la solita formula dell'ottimizzazione, sembra non tener conto della realtà. L'aeroporto di Parma per anni ha infatti arrancato con pochi voli e una prospettiva che definire miope è forse generoso. Ma da qualche tempo tutto è cambiato:  lo scalo è stato inserito tra gli aeroporti di interesse nazionale, i vari ministeri hanno approvato il piano di rilancio, la Regione ha stanziato soldi per il potenziamento della struttura e il mondo imprenditoriale locale ha deciso di investire su una risorsa ritenuta fondamentale. I primi risultati si vedono: da fine marzo da Parma si volerà tre volte alla settimana a Cagliari, Trapani, Lamezia e Bari, due volte a Chisinau, sette volte a Catania più altri collegamenti (tra cui i praticamente certi Olbia e Lampedusa) che si stanno perfezionando. Senza dimenticare i charter e i cargo che con frequenza sempre maggiore portano qui farmaci salvavita. 
«Per tutte queste ragioni restiamo con preoccupazione in attesa di capire quale saranno le scelte dell'Amministrazione per  l'aeroporto ma soprattutto per la città di Parma», conclude il segretario del Siap, Paolella mentre,  dalla politica alle istituzioni, tutti stanno provando ad invocare una riflessione, un'analisi. Perché è vero che la burocrazia si muove con passo di pachiderma. Ma sarebbe assurdo che a rimetterci fosse non solo il «Verdi» ma anche l'intera città. Dopo la pandemia tutti avranno bisogno di ricominciare a correre. E  Parma non si merita che qualcuno le faccia uno sgambetto.  r.c.