«Il rischio di una seconda ondata esiste, ma più rispetteremo le regole più basso sarà»

Katia Golini

Il contagio continua a frenare e le riaperture al momento non hanno creato problemi sulla temuta ripesa dell'epidemia. Ma non siamo ancora del tutto al riparo. Decisivo, in ogni valutazione tecnico-scientifica,  il dato relativo all'indice di trasmissibilità (R con T) che ormai è in tutte le regioni italiane sotto l'agognata soglia di 1. L'Emilia si attesta intorno allo 0,58. «Possiamo essere moderatamente ottimisti» spiega Carlo Signorelli,  professore ordinario di Igiene all’Università  di Parma dal 2000. Dal 2019 è distaccato per la sua attività all’Università  Vita-Salute San Raffaele di Milano dove dirige la Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva. Signorelli, che  è anche membro del Comitato tecnico-scientifico Covid-19 della Regione Lombardia, però ribadisce le raccomandazioni: fondamentale rispettare le misure di contenimento del virus.
A un paio di  settimane dall'inizio della fase 3, come possiamo definire, in generale, la situazione?
«Al di là delle numerazioni delle fasi sembra che tutti i principali indicatori vadano nella direzione giusta: meno nuovi casi, ricoveri in diminuzione, meno decessi. Ormai siamo certi che anche la seconda riapertura delle attività del 18 maggio non ha influito negativamente sugli indicatori di malattia».
In questi mesi ci siamo abituati a sentir parlare di R con zero, l'indice di contagiosità del virus. Ora si parla di R con T, indice di trasmissibilità. Cosa significa nel concreto?
«L'indice R0 descrive la trasmissione di una malattia infettiva  in una popolazione completamente suscettibile. Se superiore a 1 vuol dire che ciascun infetto contagia più di una persona (inizialmente per il Covid-19 era di circa 3). Il  valore R0 può cambiare nel corso dell'epidemia a seguito di misure di prevenzione come igiene personale e lockdown, ovvero per la riduzione del numero di persone suscettibili. In questo caso si parla di Rt, che è la misura che si valuta in questa fase della pandemia».
L'Istituto superiore di sanità ha elaborato i dati raccolti dall'inizio della pandemia e attribuisce alla nostra regione un indice di trasmissibilità, quindi di Rt,  intorno allo 0,58%, a metà strada tra lo 0,91 della Lombardia e lo 0 della Basilicata. Cosa significa dal punto di vista pratico?
«Ogni valore inferiore a 1 significa una regressione dell’epidemia e cioè che mediamente un infetto ne contagia meno di 1. Quindi i numeri totali si riducono. Al momento tutte le regioni italiane stanno sotto a 1, ma il monitoraggio costante è fondamentale per identificare eventuali focolai e intervenire».
Il grafico (che pubblichiamo) mostra chiaramente come la situazione stia gradatamente volgendo al sereno. Ma....
«Ci sono ancora nuovi casi in alcune aree del Paese. In particolare in alcune province del Nord non lontane dai primi focolai di Codogno e Bergamo. Anche a Piacenza e in parte a Parma non siamo ancora a zero».
«Moderatamente positive, anche per la riduzione non solo dei nuovi positivi come emerge dai dati del laboratori di Igiene dell’Università,  ma anche dalla minor carica virale e dal conseguente minor numero di casi clinici gravi».
Quanto può influire a frenare la cosiddetta ondata di ritorno dell'epidemia il rispetto delle regole quali utilizzo di mascherine e distanziamento tra le persone?
«Ad un rilievo di una nostra ricerca del 7 aprile la provincia di Parma risultava dopo le 5 province più colpite (Lodi, Bergamo, Brescia, Piacenza, Cremona) con un carico di casi e di decessi piuttosto alto. Hanno inciso sulla diffusione i numerosi interscambi lavorativi e commerciali con le province di Piacenza e in parte di Lodi».
Alla luce dei dati diffusi ieri, è possibile fare previsioni?
«Non bisogna abbassare la guardia e mantenere le misure di prevenzione consigliate: distanza, mascherine e igiene personale. C’è un teorico rischio di seconda ondata epidemica, ma meglio ci comporteremo più basso sarà».