Testimone: 'Viaggiava in bici veloce e contromano: e ha colpito in pieno l'uomo sulle strisce'
«Nella mia vita ho visto tante cose. Ma una esperienza del genere non l'avevo mai vissuta. Tanto che continuo a ripensarci. E mi resta la paura».
La signora Rosa (un nome per non renderla riconoscibile) ripercorre il momento dell'incidente costato la vita a quel 46enne con la lucidità di un rallenty. Che però si inceppa alla fine del discorso: «Quando ho visto quel poveretto a terra mi si è fermato il cuore. Aveva l'età di mio figlio. E per un istante ho temuto che potesse essere proprio lui».
Era invece quell'ingegnere modenese che, in una pausa del lavoro, voleva solo raggiungere un bar per bere qualcosa e che è stato travolto da una bicicletta. A dirlo sembra un paradosso: ma si muore anche così.
«Io ero appena uscita, ero a pochi passi di distanza - prosegue la testimone. - Ho visto il ciclista arrivare da strada del Quartiere: andava veloce e ha attraversato piazza Picelli passando davanti alla chiesa. Poi si è fiondato verso via Cocconcelli».
La strada è a senso unico e lui l'ha imboccata in direzione vietata. Ma, soprattutto, pare non abbia neppure rallentato.
«In quel momento il pedone aveva appena iniziato ad attraversare sulle strisce, da destra a sinistra, e il ciclista se l'è trovato davanti. Ho visto che ha fatto qualche movimento con il manubrio, mi ha dato l'impressione che cercasse di sterzare». Ma, evidentemente non c'è riuscito.
«Lo ha centrato in pieno. La sua ruota anteriore si è infilata in mezzo alle gambe del pedone e lo ha colpito all'addome con il manubrio. Per l'urto il ciclista è stato poi sbalzato in avanti e si sono urtati con forza, la testa dell'uno contro la testa dell'altra».
E a quel punto il destino di Ragazzoni era già segnato.
«Il pedone è finito a terra ed ha perso i sensi, era chiaro che era gravissimo». E quando, pochi minuti dopo, sono arrivati gli operatori del 118 è immediatamente scattata la corsa contro il tempo, la frenetica lotta per salvarlo. «Lo hanno intubato mentre il ciclista era in piedi, con un pezzo di garza che si tamponava la fronte». E la signora Rosa, a quel punto, si ferma. «Avrei voluto dirgli se si rendeva conto di quello che aveva, della gravità del suo comportamento. Ma intanto erano arrivati anche gli agenti della polizia locale e c'era tanta gente. Così me ne sono andata».
Con il corpo. Ma la testa era sempre li. E torna ancora adesso a quel maledetto momento. «Il giorno successivo ho chiesto come stessero tutti e due. Il ragazzo di colore, mi hanno detto, si era fatto medicare, gli avevano dovuto dare sei punti alla testa. Per quell'uomo di Modena, purtroppo, mi hanno detto che non si era potuto fare nulla», conclude. E la voce si affievolisce. Poi il commiato. «Ci continuo a pensare. L'ho detto: alla sua età avrebbe potuto essere mio figlio. E davvero, morire così non ha senso». lu.pe.