Giornata della memoria

Per non dimenticare pezzetti di memoria sul nostro cammino

Antonio Bertoncini

Ieri posate 5 nuove pietre d'inciampo in città che raccontano la storia delle vittime della Shoah

«Inciampare in questi pezzetti di memoria significa rallentare il passo e fermarsi un attimo a riflettere»: questa definizione del consigliere regionale Matteo Daffadà in via Corso Corsi è la rappresentazione più efficace delle «pietre d’inciampo». Quelle mattonelle color oro che sempre più di frequente incontriamo nei nostri percorsi cittadini sono un monito a non dimenticare ciò che è stato, perché – come ha efficacemente affermato Carmen Motta, presidente ISREC - «la storia si ripete quando la si dimentica».

Per questo nei giorni scorsi sono state posate 21 pietre d’inciampo in diversi paesi della provincia, e ieri, Giornata della Memoria, per iniziativa di Istituto Storico della Resistenza e Comune, ne sono state installate 5 in alcune strade di Parma, davanti alle porte d’ingresso delle case in cui sono vissuti deportati partigiani e militari, che dissero no ai nazisti, e pagarono con l’internamento nei campi di sterminio, spesso con la vita.

La Giornata della Memoria ha avuto un prologo in viale Basetti 14: lì fu deposta l’anno scorso la pietra d’inciampo in ricordo di Michele Valenti, avvocato, ufficiale dell’Esercito, fatto prigioniero dai nazifascisti l’8 settembre del ‘43, tornato miracolosamente vivo dai campi di concentramento in Polonia, Lituania e Germania, padre Costituente nel 1946, deputato della Democrazia Cristiana, morto nel 1949 a Parma per un malore che lo colse sulle scale di casa. La famiglia, con il consenso del Comune, ha voluto fare una cerimonia meno frettolosa dell’anno scorso (condizionata dalla pandemia).

Ben 12, fra nipoti e pronipoti – Tardini, Gemignani e Rossi – si sono dati appuntamento davanti alla casa di famiglia, ora in ristrutturazione avvolta dai tubi Innocenti, insieme all’assessora Nicoletta Paci e al direttore Isrec Marco Minardi, per testimoniare l’affetto verso il nonno che non hanno mai conosciuto, ma dal quale hanno ricevuto l’eredità di un testamento morale da quel che resta del suo diario scritto nelle baracche dei campi.

La cerimonia ufficiale della giornata si è tenuta in via Corso Corsi 58 (allora borgo Torto), prima tappa della posa delle pietre d’inciampo, dove viveva Aristide Zanacca, nato nel 1903, ardito del popolo sulle Barricate del ‘22, profugo in Francia, impegnato per la lotta per la libertà nella Resistenza, etichettato come “pericoloso comunista”, arrestato nel gennaio 1945 e inviato a Mauthausen, da dove non fece ritorno. Davanti a casa sua, le autorità convenute per la cerimonia, Vittorio De Pau dell’Aned (Associazione Deportati), i cittadini e i ragazzi della IV I dell’antistante liceo “Albertina Sanvitale”, hanno trovato a sorpresa, sullo spazio scavato per la posa della pietra, una rosa bianca. A deporla sono state Mimma e Francesca, solo perché “è necessario ricordare, e anche un fiore è un modo per farlo”.

«Queste pietre – ha sottolineato Nicoletta Paci - sono un modo per ricordare tutte le persone che hanno subito violenze non immaginabili per un essere umano». Il viaggio per la collocazione delle pietre d’inciampo, accompagnato dalle forze dell’ordine, è poi proseguito verso l’Oltretorrente, in strada della Salute 43, dove ha trovato il suo pezzetto di ricordo Ferdinando Vignali, partigiano della XII Brigata Garibaldi, torturato a Palazzo Rolli – probabilmente denunciato da un coetaneo in camicia nera dopo un diverbio, riferisce il pronipote – deportato in campo di sterminio e deceduto a Gusen.

L’ultima a salutarlo, mentre veniva caricato sul camion in piazzale San Francesco fu la cugina Imelde, oggi novantanovenne, che lo ricorda ancora. Le altre pietre d’inciampo sono state depositate in via D’Azeglio 23, in ricordo di Guido Toscani, militare internato sopravvissuto alle sevizie del campo, in piazzale Santa Croce 9, davanti a casa di Eugenio Frigeri, partigiano della I Brigata Julia, morto a Mauthausen, e in via Emilia Est 140, dove viveva Enzo Dall’Aglio, anche lui militare, che sopravvisse all’internamento nei campi di sterminio nazisti.