POLITICA
Meloni a Parma: "Corriamo da soli perché non ci accontentiamo di vivacchiare"
«La scelta che abbiamo fatto in questa città è una scelta che racconta cosa sia Fratelli d’Italia una volta di più. Noi non siamo un partito che si accontenta, che vuole vivacchiare, che dice 'facciamo quello che si può fare". Noi siamo un partito che vuole fare la differenza, che non ha mai accettato i limiti imposti da altri». Così la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni aprendo un comizio elettorale a Parma, in piazza Garibaldi. Nella città emiliana FdI sostiene da sola il candidato sindaco Priamo Bocchi, mentre il resto del centrodestra, Forza Italia e Lega, corrono con un altro candidato, Pietro Vignali.
FdI, ricorda Meloni, è un partito «dato per spacciato» fin dalla sua nascita. «Ha fatto la differenza che non abbiamo mai accettato di farci imporre limiti interessati dagli altri», sottolinea. «Ci abbiamo messo tempo, ma oggi potete contare su un partito che è l’unico del panorama politico che se dice una cosa siete certi che la farà. La politica, la democrazia, è questo: se non esiste il vincolo tra il rappresentante e il rappresentato, la domanda è 'che votate a farè?»
«Siamo nella capitale dell’agroalimentare italiano» settore che «ha fatto grande il nome dell’Italia nel mondo» ma nel nostro Paese «non si fa strategia industriale, le risorse si distribuiscono a pioggia», «se questa nazione fosse in grado di fare strategia, una città come Parma sarebbe strategica, perchè nel tempo della globalizzazione l’Italia non compete sulla quantità del prodotto, ma c'è una cosa sulla quale tutto il resto del mondo non compete con noi che è la qualità del prodotto, che è il marchio». Così la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni durante un comizio elettorale a Parma a sostegno del candidato sindaco Priamo Bocchi.
«La cosa più potente che noi abbiamo oggi - ha sottolineato - è il marchio italiano. Terzo per riconoscibilità al mondo. Tutti vogliono comprare prodotti italiani e l’Italia svende marchi italiani. Consente che stranieri acquisiscano marchi italiani, non per fare un prodotto buono come il nostro, ma per fare un pessimo prodotto che si finge essere prodotto italiano per essere venduto».