Natale

Il messaggio del vescovo Solmi: "Pane e pace nella scatola di Natale"

Non è difficile trovare in cantina o in solaio delle scatole dimenticate, polverose. A volte è l’azione pietosa di vuotare una casa, perché nonni o genitori sono “andati avanti”, come dicono gli alpini, e a chi resta tocca questa incombenza.
Si trovano sorprese o cose modeste, che rimandano a un tratto di vita, aprono alla nostalgia. Ma può essere che siano vuote e si resti delusi.
Le feste di Natale danno l’impressione di essere una scatola che tiriamo fuori una volta all’anno, non quella con le cose del presepe o dell’albero, ma nuova, di anno in anno.
Può essere vuota. Ma si può metterci dentro qualcosa. Diventa importante da ciò che conterrà. O può essere piena di un contenuto prezioso che ha resistito agli anni.
Ci possiamo mettere dentro molto. Quest’anno è un Natale diverso. Il Natale con il Covid sotto controllo – speriamo! – ma Natale di guerra. I conflitti ci sono sempre e dovremmo accorgercene e prendere coscienza che sono più letali del Covid, perché non c’è vaccino. Ma l’invasione dell’Ucraina (1600 chilometri da noi) ha una gravità specifica e sta portando conseguenze pesanti per tutti. Uccide i bambini e la loro speranza anche a distanza togliendo il pane, assale la popolazione con il generale inverno, che non combatte più in difesa, ma attacca aggressivo.
Nella scatola del Natale ci debbono essere queste donne e uomini, bambini e vecchi, queste nazioni. Anche a Natale dobbiamo sentirli nostri. Anche solo con una maglietta termica, un pensiero di pace, un loro ricordo con i bambini, e un tocco di sobrietà per noi adulti. Dentro alla scatola bisogna mettere pane e pace, tenendo alta la coscienza che da personale diventa sociale. Non è vero che non conta nulla. Serve eccome!
Alimenta l’anima di un popolo che rifiuta la guerra e sceglie la pace, non volta le spalle e condivide. La speranza è la tregua che porti al negoziato di pace.
Una tregua di Natale, come quella di cent’anni fa sul fronte occidentale del primo conflitto mondiale. Speranza che diventa scelta e preghiera. Una scommessa.
La scatola può essere già piena e contenere il Natale. Contiene le stesse cose con un di più generoso: Chi ce le dà e ci dà la possibilità di ottenerle, ci mostra il modo per farlo.
Troviamo il Bambino che nasce al freddo come in Ucraina, giace in una mangiatoia perché non c’era posto per lui nella città, mentre gli animali – l’asino e il bue – lo hanno ospitato nella loro stalla e hanno lasciato che usasse la loro greppia come culla. Una greppia che alcuni – come nella Notte del Correggio – hanno interpretato piena di spighe di grano per dire che quel Bambino è venuto a condividere tutto con noi e a farsi pane per tutti.
Con Lui c’è la gente scartata dalla città. I pastori, che custodendo nel gelo della notte le greggi, ne fanno ricchi i padroni mentre loro sono al caldo della città, estranei all’annuncio di pace che li fa alzare dai loro fuochi e raggiungere la grotta. Chi resta lontano e manda gli altri, non crea pace, non offre pane.
Il presepe fa intuire la via della pace e del pane: nasce solo da chi sa uscire da sé, accettare la sfida del “di più” per il bene di tutti. Sa lasciare i fuochi della presunta sicurezza e seguire vie nuove, è pronto a riconoscere l’appello che cresce dal profondo della sua coscienza. Si alza da solo e cerca la compagnia di altri. Operatori di pace e di pane come beni essenziali che scuotono le coscienze e pongono domande, attraggono su vie buone, ben sapendo che la pace è una strada che sale, ma non è impossibile. È arrivata a Parma la luce di Betlemme accesa direttamente dalla lampada sopra la stella d’argento che indica il luogo della nascita di Gesù. È una contraddizione che brilla: a pochi metri c’è il muro che taglia Palestina e Israele, ci sono le guardie armate, i passaggi obbligati per i lavoratori, trappole mortali per un ricovero d’urgenza. Quella basilica fu assediata per quanta giorni, ci furono morti e ancora oggi alte e ben visibili le due opposte bandiere si guardano arrabbiate. Ma proprio a lì l’annuncio degli angeli: «Pace agi uomini che Dio ama». Dio ama tutti e tutti possono essere operatori di pane e di pace.