Lutto
Ricci, il ragioniere che inseguiva gli aquiloni
Romano «de San Leonardo», ex dipendente del Genio civile, si è spento a 93 anni
Al Genio civile lavorava, e qualcosa di geniale aveva pure lui, ragioniere appassionato di tecnologia e di aquiloni, capace di calzare scarpe di diverso colore, ma sempre incravattato, che andasse in ufficio o a camminare in un bosco. Silvano Ricci si è spento a 93 anni, due anni dopo la sua Lilli (Angela). Padre di Roberto, fotografo del teatro Regio, e di Cinzia, impiegata alla Gherri Meat Technology, Ricci era un personaggio ispirato dall’originalità sul palcoscenico del San Leonardo, nella cui chiesa ha ricevuto l’ultimo saluto. Romano de Roma, aveva evitato di sciacquare i panni nella Parma, fedele all’accento capitolino: lo si riconosceva a occhi chiusi, anche solo ascoltando la parlata.
Lasciata Roma nel 1957 fresco di matrimonio, a Parma Ricci era arrivato nel 1964, dopo sette anni a Como. Tra lui e Lilli galeotto era stato il caffè. Silvano era alla finestra, lei puliva i vetri di una casa di là dalla strada: lui le aveva fatto il segno della tazzina portata alla bocca... Da quell’invito sarebbe poi nata una famiglia oggi sparsa per il mondo, ma unita negli affetti e dalla lezione del benevolo patriarca.
Era sui generis, il ragionier Ricci: anche negli orari. Si coricava alle 20, per alzarsi alle 3. Aveva le chiavi del Genio civile e così andava in ufficio nel cuore della notte, per sbrigare in anticipo buona parte del lavoro e poi prestare l’opera da libero professionista alla Protec di Collecchio. Per non svegliare la moglie, si vestiva al buio: le scarpe spaiate ai piedi erano la diretta conseguenza. Ma il dubbio che lo facesse apposta per stupire rimane. Così come che si fingesse sbadato per recitare gag surreali.
«Come quando in banca provava a telefonare con il telecomando della tv estratto di fronte a esterrefatti cassieri» racconta la nipote Francesca, 33 anni. Eppure, alla tecnologia Ricci dava del tu da sempre. Era stato tra i primi a usare i computer per la contabilità e fino all’ultimo si è servito di sms e mail («Dopo avermi aiutato a fare una tesina sulla poesia del Manzoni, ogni 5 maggio mi scriveva “Ei fu” - ricorda la nipote -. Siamo stati fortunati ad averlo come nonno. Rappresenterà sempre una fonte di luce per tutti noi»). Un obbligo, le mail, per restare accanto ai nipoti così lontani: Francesca è medico a New York, la sorella Federica, 29 anni, consulente di finanza a Lussemburgo; Rossella, 32 anni, e Riccardo Bizzarri, 21, figli di Cinzia, sono rispettivamente commerciale nel settore informatico a Parigi e universitario di European Studies ad Amsterdam. «Il nonno non si è mai lamentato della nostra distanza - prosegue Francesca -. Era contento che studiassimo e cercassimo la nostra strada: lui a scuola invece si era sentito costretto».
Tranne quando c'era di mezzo la passione. E così, dopo il diploma in ragioneria, aveva seguito i corsi della Radioelettra di Torino. L'interesse per la tecnologia procedeva di pari passo con quello per fotografia e filmografia. «L’unica macchina non digitale che ho conservato è la sua vecchia Pentax» racconta Roberto, che ancora ha i video pionieristici girati dal padre. Alcuni erano ambientati a Pieve di Gusaliggio di Valmozzola, dove la famiglia trascorreva le lunghe vacanze estive di un tempo. «Una stanza era stata destinata al plastico di un trenino poi donato al Don Gnocchi» ricorda il figlio. Nei campi vicini, invece, si liberavano in cielo gli aquiloni acrobatici costruiti da lui. «Ne abbiamo ancora una quarantina - spiega il figlio -. Torneremo a farli volare, e lui sarà con noi».