Martorano
Il Ciac: «Migranti, no ai campi. Serve un'integrazione vera»
«Non dobbiamo abituarci all'idea che ci sia un campo: così si finisce per legittimare il ghetto». Parole dure quelle di Emilio Rossi, presidente del Ciac.
Aperto da un mese nel parcheggio di una ex fabbrica, il campo di Martorano si aggiunge a quello del Cornocchio. Campi nati per rispondere a quella che viene definita un'emergenza: «Non c'è nessuna emergenza - continua Emilio Rossi -. L'anno scorso gli arrivi sono stati molti di più. A Parma i migranti accolti sono 130». E 110 sono a Martorano, in quei container da sei posti letto e un lavandino: tutti richiedenti asilo, in fuga da Paesi in guerra e arrivati dal mare. Adulti, ma anche bambini: 36 i minori di cui 26 non accompagnati, che quindi non potrebbero stare lì. «Bisogna costruire l’alternativa ai campi, creando soluzioni di integrazione vera - insiste il presidente Rossi -. L'integrazione è utile a garantire la sicurezza pubblica. Il campo è invece un luogo che non risponde agli standard minimi previsti dalle normative della Comunità Europea. E che viene definito transitorio: ma transitorio verso dove?». Il messaggio del Ciac è chiaro: «Chiediamo che si convochi un tavolo tecnico e politico che costruisca a partire dagli enti locali una soluzione diversa che rispetti i diritti di chi emigra e permetta una vera accoglienza - interviene il direttore Michele Rossi -. La nuova legge non permette che in questi campi ci siano i servizi necessari: l'informativa legale, la tutela psicologica e la scuola di italiano». Tuttavia, il Ciac è presente nel campo di Martorano: non nella sua organizzazione, ma in modo volontario con tre uscite alla settimana, per la mediazione culturale, per l'informazione giuridica e in supporto all'Ausl per pratiche sanitarie. Diciotto gli operatori che gratuitamente cercano di dare aiuto ai migranti: «Abbiamo fatto 190 identificazioni e oltre 120 domande di asilo. Purtroppo i tempi di attesa sono lunghi», continua il direttore. Un campo sovraffollato che crea quindi situazioni di tensione: «L'apertura del campo non è stata condivisa - ricorda Emilio Rossi -: questo modo di accogliere i migranti porta all'insicurezza sociale e al sfruttamento». «E poi lo chiamano un campo aperto - aggiunge Michele Rossi -, ma senza un documento queste persone non hanno libertà di movimento». Un luogo di marginalità. Ma quali sono le alternative? «Al di là della buona volontà di chi sta seguendo Martorano - spiegano al Ciac - non possiamo pensare che la soluzione sia quella dei container. In Veneto c’è un esempio: 28 sindaci del Vicentino hanno deciso di dire no ai campi e di chiedere un accordo con la Prefettura per creare delle alternative. Ogni Comune si è reso disponibile per accogliere 3 migranti per ogni mille abitanti ed è stato possibile creare un sistema diverso». E il Sai? Il Sistema accoglienza integrazione nella nostra provincia conta 400 posti: «È questa la strada da seguire - conclude Emilio Rossi -. La popolazione di Parma non può accettare che si faccia un campo come 80 anni fa: c'è da vergognarsi. Chiediamo un tavolo politico con gli enti locali che sappia fare delle proposte».