Polemica
Selvaggia Lucarelli: "Sulla vicenda Mariotti ho preteso trasparenza"
«Indagare sulle donazioni è un lavoro scomodo, pretendere trasparenza da chi «soffre» o da chi dona è spesso accompagnato da un coro di «come ti permetti», «ma fatti i fatti tuoi» e, alla fine, ci si rassegna all’idea che anche le vittime, appunto, abbiano sempre una patente d’innocenza insindacabile».
Lo scrive in un intervento su Il Fatto Quotidiano Selvaggia Lucarelli, intervistata anche da La Stampa sulla vicenda delle raccolte fondi per il ragazzo che per l'attacco di uno squalo ha perso una gamba.
«Lo sapeva bene anche Matteo Mariotti - aggiunge - che a dicembre, siccome ho osato esprimere perplessità su una raccolta fondi a lui destinata, mi aveva scritto in privato, mentre era ancora in ospedale a Brisbane: 'Dammi il tempo di mettermi in forza e spiegherò a tutta l’Italia il male che mi hai fatto. (...) Con me hai sbagliato, vai a rifarti gli zigomi'. E così ha fatto: non appena è tornato, fiumi di interviste con accuse a me di essere la cattiva che gli ha buttato odio addosso». Mariotti «per sua ammissione, ha una assicurazione medica che copre le spese mediche. I suoi amici però aprono subito una raccolta fondi il cui scopo scritto sul sito è 'per spese mediche'». Nel frattempo «parte un’altra raccolta parallela in cui viene fornito l’iban della zia di Matteo. Io denuncio pubblicamen te la poca trasparenza di questa raccolta».
Alla fine gli amici, «dopo le mie domande, chiudono la colletta a 62.000 euro» e «molti mi scrivono insultandomi e minacciandomi». Lucarelli sottolinea di aver «preteso trasparenza laddove trasparenza non c'era. Migliaia di donatori avevano già donato 'per spese mediche' convinte che senza i loro soldi questo ragazzo il cui padre possiede uno dei locali più noti di Parma non possa essere curato». In Italia ci sono migliaia di persone ogni anno «che subiscono un’amputazione in seguito a ischemie, incidenti, malattie oncologiche, infezioni - ricorda -. Persone che non aprono raccolte fondi, che contano sul servizio sanitario nazionale, che affrontano le difficoltà senza la stampa a dedicargli titoloni, che devono spesso battersi per avere ciò che gli spetta».