Aula dei filosofi
Monsignor Evasio Colli: un ritratto fra storia e fede
E’ stato un figlio del suo tempo. Sì, ma di quale tempo – viene da chiedersi – se ci riferiamo a monsignor Evasio Colli, per 40 anni alla guida della diocesi di Parma? Il punto interrogativo è ineludibile se si pensa che arrivò qui nel 1932, quando il fascismo era al suo culmine e i Patti Lateranensi ancora freschi di firma, e dalle finestre di piazza Duomo vide scorrere la vita di generazioni di parmigiani alle prese con le conquiste coloniali, con le leggi razziali, con l’entrata in guerra, con il tracollo del regime, con il dopoguerra, segnato dal difficile passaggio dall’Italia fascista a quella repubblicana, e infine con il Concilio Vaticano II, che rivoluzionò la sua Chiesa, quella che anche lui servì con fedele ma poco convinta obbedienza, fino al 13 marzo 1971, quando, ad 88 anni vissuti fra religione e politica, trovo il riposo tra la sua gente.
Una figura complessa, con mille sfaccettature, quella di Evasio Colli, ricostruita con l’animo dello storico, prima ancora che dell’uomo di chiesa, da don Umberto Cocconi, autore del libro “L’ultimo vescovo del Concilio Vaticano I”, presentato all’aula dei filosofi dall’autore, insieme a Giorgio Campanini, studioso del movimento cattolico e autore della prefazione, Fausto Pagnotta, dell’Università di Parma, e Carmen Motta, presidente dell’Istituto Storico della Resistenza.
Pagnotta ha definito il libro “un invito al ragionamento sulla vita complessa di un uomo di chiesa figlio del suo tempo alle prese con passaggi epocali». Per Giorgio Campanini, Evasio Colli “fu un uomo di grande statura, che realizzò un salto di qualità nella Chiesa parmense».
Carmen Motta ha ricostruito il travaglio dei cattolici fra fascismo e socialismo, ricordando che dialogo con il potere, ordine, amore per la Patria e Azione Cattolica sono state le sue costanti nell’ambito di un’azione diplomatica nei momenti più difficili, e il deciso sostegno alla DC nell’immediato dopoguerra. Per don Umberto Cocconi, il vescovo Colli non è etichettabile secondo un’unica prospettiva. L’autore ha ripercorso il suo cammino pastorale e politico, fatto di rapporti formali, compromessi necessari, azioni di fine diplomazia. Fino al Concilio, in cui ha scoperto un mondo che non era più il suo.