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Abusivismo finanziario, bitcoin, avviso di garanzia per un parmigiano

Dopo una complessa attività investigativa della guardia di finanza di Parma, la procura di Parma ha inviato un avviso di garanzia  a carco di un soggetto residente nella provincia di Parma, ipotizzando a suo carico il reato di abusivismo finanziario in relazione alla compravendita di criptovalute, in particolare bitcoin. Nel corso delle indagini, avviate nel 2021, i finanzieri parmigiano hanno anche dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo - disposto dal gip del tribunale di Parma a richiesta della Procura - del sito internet adoperato per lo svolgimento dell’attività di intermediazione finanziaria. Le norme vigenti prevedono l’obbligo di autorizzazione rilasciata dalle autorità preposte per poter svolgere l’intermediazione finanziaria e proporre la compravendita di criptovalute come strumento di investimento. Secondo l’ipotesi investigativa, l’indagato avrebbe promosso, attraverso un proprio sito web, la compravendita di criptovalute presso potenziali investitori i quali, al fine di acquistare le valute virtuali desiderate, ricaricavano - in contanti, presso uffici postali o esercizi convenzionati -  molteplici carte prepagate nella disponibilità diretta o indiretta del medesimo indagato. La disponibilità di numerose carte ricaricabili, intestate a persone legate da rapporti di conoscenza con l’indagato, avrebbe permesso di aggirare il limite massimo annuo di accredito su una singola carta ricaricabile pari a 100.000 € . Una volta ricevute le somme di denaro dagli investitori e dopo aver trattenuto una commissione, variabile tra il 5% ed il 10%, l’indagato avrebbe acquistato i bitcoin presso piattaforme autorizzate di trading on line per renderli disponibili successivamente sui wallets (portafogli digitali) degli investitori. A fronte di tale intermediazione, non sarebbe stato istituito alcun sistema di controllo antiriciclaggio e, pertanto, sarebbero stati omessi gli adempimenti obbligatori consistenti nell’identificazione e nella cosiddetta adeguata verifica della clientela, nell’assunzione di informazioni sulle operazioni finanziarie eseguite e sulla provenienza delle somme investite, nonché nella segnalazione alla Banca d’Italia (UIF) delle operazioni sospette di riciclaggio. L’assenza di qualsiasi presidio antiriciclaggio ha trovato obiettivo riscontro nell’individuazione di soggetti deceduti tra le persone fisiche cui venivano attribuite le ricariche in favore dell’intermediario e, dunque, gli investimenti. La completa inosservanza delle disposizioni antiriciclaggio sopra citate avrebbe potuto consentire a terzi investitori di impiegare risorse finanziarie in criptovalute rimanendo nel totale anonimato, circostanza ideale per chi desidera investire i proventi da attività delittuose.