il commento
Ragazzini violenti: dove sono gli adulti?
Nelle ultime settimane si susseguono le notizie di aggressioni di giovanissimi ai danni di loro coetanei e di adulti. L'ultima in ordine di tempo è quella avvenuta sul Lungoparma, che ha visto come protagonista un autista Tep, malmenato da una baby gang. Premetto che l'intenzione non è quella di offrire la giusta ricetta per risolvere il problema, certamente molto complesso, e tantomeno prendere a braccetto le tesi di qualche parte politica. Come padre e semplice cittadino parmigiano assisto inerme al susseguirsi di questi gravi episodi che hanno come protagonisti giovani dell'età dei miei figli, o poco più grandi. Mi sono chiesto che cosa può portare dei giovani a compiere atti così gravi, ma anche le ragioni di un crescente disagio e malessere che, dal post covid in avanti, sta esplodendo con una forza mai vista in passato. Sicuramente il lockdown (necessario, per carità) e la prolungata assenza di una socialità reale e non virtuale con i propri coetanei e con gli insegnanti, non ha giovato a giovani e giovanissimi, tra i più penalizzati da questo tipo di restrizioni. Fa riflettere vedere degli adolescenti riprendere dei propri coetanei mentre si picchiano, per poi correre a postare la rissa su qualche social network o facendola girare sulle chat dei propri telefonini. Possibile che a nessuno sia venuto in mente di fermare quei due ragazzi? O di chiedere l'intervento di un adulto? La maestra d'italiano delle elementari, leggendo un mio tema pieno di «Io» (io sono bravo, simpatico ecc), aveva ricordato a tutti, in tono scherzoso, che «I-o» suona anche come il raglio dell'asino, soprattutto se viene ripetuto alla nausea. Forse, a partire dal sottoscritto, dovremmo ripetercelo tutti in questa società sempre più votata all'egoismo e all'interesse personale, soprattutto quando si susseguono con (troppa) frequenza episodi gravi che riguardano le nuove generazioni e quindi il nostro futuro.