LA STORIA

«Aiutatemi a salvare mio figlio sopravvissuto alle mine russe»

Mara Varoli

La mamma: «Qui a Parma ha tutta la sua famiglia e ha bisogno di cure»

Un polmone messo male, il bacino rotto e la testa «frantumata dai missili». Oleksander vorrebbe tornare a casa, nella nostra Parma, dove vivono la mamma, la compagna e la figlia di un anno e mezzo. Ma da solo su una sedia a rotelle non ce la fa.

Un falegname prestato alla guerra, che a quasi 35 anni dalla sua città Sumy è dovuto partire per il fronte. Una vita stravolta, una famiglia stravolta e una casa che ora là in Ucraina è vuota. Perché la famiglia è qua e lo aspetta in lacrime, ma servono aiuti per il trasporto.

Oleksander è per miracolo sopravvissuto. Perché il 14 settembre, mandato al confine con i suoi tre compagni il veicolo blindato sul quale stavano viaggiando è saltato per aria: una strada sterrata in un campo minato. Mine potentissime, anticarro, che hanno ucciso i suoi commilitoni, molto più giovani di lui e forse lì senza sapere un vero perché. Anche Oleksander è saltato per aria, ma il suo battito c'era ancora. Lui che intagliava il legno e aveva una vita normale. Ma nel febbraio del 2022 in Ucraina tutto è cambiato e l'orologio è tornato a segnare i tempi lontani di una guerra impossibile da poter immaginare negli anni Duemila. Anacronistica. E quella mattina di luglio ha smesso i jeans per indossare anfibi e mimetica: 4 giorni al fronte, riposo e altri 4. Quasi un turno in fabbrica, ma è la guerra: «All'inizio a Sumy non sembrava guerra - racconta mamma Larysa, che a Parma fa l'oss nella cooperativa Dolce ed è in Italia da 20 anni -. Avevamo tanta solidarietà: i contadini arrivavano in città per portare uova, burro e latte per distribuire tutto gratuitamente. Anche le scuole se pur con lezioni a distanza non hanno chiuso le porte. Mio figlio Oleksander a luglio è però dovuto partire: chiamato alle armi. E io stavo male, perché ero qui a Parma, dove mi hanno raggiunto la compagna di mio figlio e la figlia».

Larysa, 58 anni, ha già perso il marito per malattia: vedova a 33 anni. E una figlia, Anna, morta divorata da un fiume. E l'idea di perdere anche Oleksander è inaccettabile: «Quel 14 settembre per colpa delle mine anticarro mio figlio è sì sopravvissuto - continua mamma Larysa -, ma ha avuto 10 costole rotte, un pneumotorace, in più caviglia e bacino rotti. Oltre allo schiacciamento della colonna vertebrale. Ha già avuto due interventi ai polmoni. E un intervento al bacino. Ma purtroppo i pazienti in Ucraina vengono continuamente trasferiti, proprio perché i russi bombardano anche gli ospedali e quindi ora mio figlio si trova in un ospedale nella parte occidentale, ma con problemi seri. Perché i medici sono pochi e quei pochi vengono impiegati per le urgenze, per cui Oleksander non viene trattato come si dovrebbe. E aspetta altri interventi chirurgici». Mamma Larysa a ottobre è riuscita a vedere suo figlio all'ospedale di Kiev: «Era in terapia intensiva: l'unica cosa che ripete è: "Sono morti i miei amici". È pieno di dolori e non riesce neppure a dormire. Anche l'assistenza psicologica non può essere presente. È stato trasferito in tanti ospedali ma con le forze che hanno non riescono a curarlo come sarebbe necessario. Ecco perché vorrei portarlo a Parma, anche perché qui c'è tutta la sua famiglia. Mi sono già informata e riuscirei a portarlo al confine con l'Ungheria, per cui da lì servono disposizioni per portarlo in Italia: bisogna trovare il sostegno economico e un posto letto nell'ospedale di Parma o in provincia. Aiutatemi a salvare il mio unico figlio, perché diversamente non so cosa potrà accadere».