Amarcord
Bocciofile e bar nella Cittadella di 60 anni fa
Dagli anni Sessanta, e fintanto che è stato dietro il banco del suo bar di via 7 Fratelli Cervi, Gianni Coppellotti, scomparso nei giorni scorsi a 92 anni e ricordato con un bellissimo articolo sulla Gazzetta di mercoledì 13, è stato non solo una figura iconica del quartiere Cittadella, ma l’icona per eccellenza di questa zona sovrastata e contrassegnata dalla fortezza farnesiana.
Parliamo degli esordi di Gianni nel suo bar affiancato dai fratelli Marino ed Armando e dalla moglie Bruna. Ovviamente, l’anima del locale era lui con la sua calma, la sua gentilezza, il suo fair-play anglosassone, la sua riservatezza montanara e quella signorilità nei confronti di tutti, anche di quelli che, specie in qualche serata particolare, dopo aver alzato un po' il gomito, scambiavano lucciole per lanterne.
I bar più alla moda negli anni sessanta nel quartiere erano dotati di campi da bocce. Il Bar Gianni questi campi non li prevedeva, ma disponeva di un vasto plateatico dove alloggiavano tanti tavolini che obbligavano Gianni ed il suo team a veri e propri slalom per servire bibite, gelati e «bianchini».
Cogliendo l’occasione per ricordare quell’anima bella di Gianni Coppellotti, facciamo un giro estivo (nonostante il caldo) utilizzando la memoria del cronista: parliamo di cose, persone e locali risalenti ad oltre 60 anni fa.
Iniziamo il nostro tour-amarcord dal «Bar Polisportivo», in piazzale Risorgimento, proprio dinnanzi allo stadio Tardini. Il bar era impreziosito da un bocciodromo bifronte en plein air. Infatti, una parte dei campi dava su via Pomponio Torelli, mentre l’altra su viale Duca Alessandro. Lì, in quel mondo piccolo, si dava appuntamento tutto il quartiere o quasi: intere famiglie con bimbi al seguito che guardavano la televisione nello spazio antistante il bar che, protetto da grossi vasi di oleandri, guardava il Petitot mentre tanti giocatori di bocce si cimentavano in infinite partite nei quattro campi della gloriosa ed antica società bocciofila «Aquila», tirati a lucido con un apposito telo dall’anziano custode Montanini.
I giocatori di bocce, illuminati da una sconnessa fila di fioche lampadine a piatto attorno alle quali vagavano sciami di moscerini e farfalle notturne, si sfidavano all’ultima bocciata facendo rotolare le bocce sui campi di terra battuta incipriati di sabbia, oppure facendole sobbalzare nella fatidica «bocciata» contro le assi del legno provocando il rumore secco di una schioppettata.
I campioni del tempo erano osannati: il mitico Bresolin, Saccani con l'immancabile mezzo toscano in bocca, Trifirò, un certo «Briciola», e poi Manghi, Aldo Curti, indimenticato vice direttore della Gazzetta di Parma.
Altri campi da bocce erano in viale Duca Alessandro, a fianco del «Bar Contesini». Immersi nel verde, all'ombra della Cittadella, i due campi da bocce erano frequentatissimi da tanti residenti tra i quali lo «sceriffo» della Cittadella Adriano Catelli.
Un altro autarchico campo da bocce era all'inizio di via Bizzozero, attiguo al bar Riccò, proprio dinanzi alla casa di cura «Braga-Valli».
Parlando di locali «à la page» degli anni sessanta parmigiani nel «Cittadella», non possiamo non citare la «Centrale» (famoso bar-gelateria attiguo alla «Centrale del Latte» in via Viotti, all'angolo con via Torelli) che divenne pure un luogo mondano grazie ai mitici gelati di Carlo e Gabriella Gazza, marito e moglie.
La gelateria della «Centrale» ben presto fu luogo di ritrovo dei «rampolli bene» di Parma. L'appuntamento che a quei tempi faceva tendenza era : «Ci vediamo questa sera alla Centrale». E lì davanti erano parcheggiate con nonchalance alcune «Alfa Gt» rosso fuoco, mentre graziosissime ragazze, future bellezze parmigiane, gustavano il loro gelato sognando il principe azzurro sull’onda delle canzoni di Gianni Morandi.
Altro «bar-santuario» parmigiano anni sessanta fu il «Barino» di viale Solferino gestito, dapprima, dalla famiglia Mazzoni, e poi dal parmigianissimo Vittorio Greci. Un bar frequentato dalla «meglio gioventù», dal «bon vivant» Tito Manzini e dai suoi fedelissimi, tra i quali il mitico Battista Ferramola.
Ma ritorniamo al nostro Bar Gianni, per alcuni ricordato come pudibondo «bar della camomilla» servita a quegli studenti apprensivi prima di sostenere gli esami. Ma il locale di Gianni fu anche il bar dei futuri automobilisti perché gli istruttori delle varie scuole guida si davano appuntamento proprio al Bar Gianni quando i loro allievi dovevano sostenere l’esame di guida.
Il bar di via 7 Fratelli Cervi, sempre negli anni sessanta, fu pure il bar dei «lampionai», gli «amici della mezzanotte», per il bicchiere della staffa, il panino con la squisita coppa piacentina di Gianni, la Coca Cola e la sigaretta prima di andare a letto dopo essere stati, magari, a morosa o avere giocato a calcio in qualche spelacchiato campetto illuminato (si far per dire) da asfittici riflettori.
Il massimo di queste magiche serate, nel momento di rientrare a casa, era incrociare il mitico Renatino Giuffredi (indimenticabile massaggiatore della «Rugby Parma»), a bordo del suo «Guzzino», che riusciva a bersi l’ultimo bianchino prima che Gianni abbassasse la saracinesca.
Per i «lampionai» della Cittadella, allora, iniziava un’altra notte mentre una civetta salutava la luna che sciabolava d’argento un assonnato viale Duca Alessandro.