Palazzo del Governatore

Il generale Poli racconta la Somalia: "Gli africani? Hanno molto da insegnarci"

Gian Carlo Zanacca

Per due anni a Mogadiscio a capo della missione Ue

È stato un viaggio alla scoperta di usi e costumi di un mondo affascinante e sconosciuto la conferenza che il generale dell'Esercito Fulvio Poli ha tenuto all’auditorium del palazzo del Governatore dal titolo: «La mia Africa». Un racconto che nasce dopo due anni di presenza nel Corno d’Africa, in particolare in Somalia, a capo della missione dell’Unione Europea. Un viaggio nelle vesti di civile, però, e non di militare, quello che ha raccontato, in un mondo esotico che riserva diverse sorprese.

La conferenza è stata promossa dalla sezione di Parma dell’Associazione nazionale arma di cavalleria e amici del cavallo, per cui ha portato i saluti la presidente Paola Mattiazzi, in collaborazione con il Comune di Parma per cui ha preso parte il presidente del consiglio comunale Michele Alinovi. Il generale ha scandagliato diversi aspetti della vita locale a Mogadiscio partendo dalla sorpresa legata al fatto che«“è ancora vivo il ricordo del periodo coloniale italiano, un ricordo benevolo. Ancora oggi gli ospedali locali mantengono i nomi italiani, così come quelli delle professioni e diversi monumenti del passato coloniale sono rimasti, come la tomba del duca di Aosta che realizzò proprio in Somalia una fattoria modello».

Condivisione e reciproca conoscenza rappresentano il segreto per costruire dialogo e ponti duraturi. «Per collaborare - ha spiegato - è necessaria la conoscenza reciproca».

Da qui la condivisione di veri e propri riti come quello del tè con i somali o quello del caffè con gli etiopi. La narrazione del generale ha toccato diversi aspetti della società somala: le scuole, il lavoro, gli orfanotrofi, l’agricoltura, la cultura gastronomica, il tema della sicurezza.

«Il piatto tipico in Somalia? Pasta e ragù - ha spiegato - da consumare con bevande come il brodo o il latte di dromedario. Accettare la loro ospitalità e fondamentale».

Ha ricordato, poi, due progetti davvero encomiabili come quello per le donne che escono dal carcere a cui viene donata una macchina da cucire che usano per confezionare, dietro compenso, le divise delle guardie, oppure la ricostruzione della sala operatoria dell’unico ospedale gratuito di Mogadiscio o l’attivazione della centrale operativa della polizia locale, donata e mai utilizzata.

«La Somalia - ha spiegato - fornisce tanti esempi importanti per gli occidentali: le donne hanno un ruolo determinante nella società somala, così come la religione e la spiritualità, ma anche i clan che sono presenti».

Un discorso a parte è stato riservato al tempo: «Il tempo in Africa ha ancora un valore straordinario ed è considerato una risorsa, non un vincolo: il tempo come opportunità per costruire il proprio futuro». «Non ho il mal d’Africa - spiega - ma mi mancano gli africani che hanno molto da insegnarci così come noi abbiamo molto da dare a loro. Al mio congedo mi hanno chiamato cugino, fratello, padre e mi commuovo al pensiero».