Estate, occhio all'occhio secco
L’estate è ormai già arrivata con il caldo, il sole, e l’umidità soprattutto nella nostra zona. Il nostro corpo, che è un congegno perfetto, generalmente si adatta ai cambiamenti ma troppo spesso ci aspettiamo lo faccia con «accomodamenti» naturali, cioè senza che da parte nostra ci sia alcun aiuto o attenzione.
Ma questo atteggiamento un po’ fatalistico può non sempre essere la scelta migliore, soprattutto per alcuni organi sensibili, in particolare per gli occhi che sono la nostra finestra aperta su ciò che ci circonda. Infatti, chi può vantare di non aver mai sofferto del cosiddetto occhio secco?
Quella sensazione di fastidio che avvertiamo sulla superficie dell’occhio che ci costringe a battere continuamente le palpebre con la speranza di lubrificare gli occhi ormai affaticati, l'impressione che la palpebra resti «incollata» alla sclera (la parte bianca). Disturbi molto comini e fastidiosi. Ma cosa vuol dire avere l’occhio secco? Lo abbiamo chiesto al professor Stefano Gandolfi, direttore della Unità operativa complessa di Oculistica dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma.
«L’occhio è ricoperto e protetto dal mondo esterno da un sottilissimo strato di liquido, le lacrime. Questo strato di liquido, apparentemente omogeneo, in realtà è composto a sua volta da tre strati: quello più profondo, fatto da muco, trattiene le lacrime e le fa aderire alla superficie dell’occhio; quello intermedio è costituito dalla parte acquosa delle lacrime, ricca di sali minerali concentrati in modo fisiologico; quello esterno è costituito da un guscio oleoso di lipidi (cioè da “grasso”), ed ha la funzione di ritardare l’evaporazione delle lacrime. – spiega il professor Gandolfi - L’equilibrio delle tre componenti è essenziale per il benessere delle lacrime e della superficie oculare. Al contrario ogni, problema che dovesse colpire anche una sola delle tre componenti, finirebbe col destabilizzare le lacrime, innescando, appunto, l’occhio secco» .
Diversamente da quanto si pensi, allora l’occhio secco non significa avere poche lacrime?
«No, significa avere un problema alle lacrime, problema a seguito del quale le lacrime non fanno più il loro dovere. Poi, vi sono situazioni in cui la quota di liquido è ridotta e, in questo caso, il paziente “ha poche lacrime”, ma sono molto più frequenti condizioni in cui di liquido ce n’è, ma o scivola via troppo facilmente (problema al muco) o evapora troppo rapidamente (problema al “grasso”)».
Ci sono persone maggiormente a rischio o predisposte a sviluppare un occhio secco?
«L’equilibrio delle tre componenti è molto delicato. Diciamo che il loro controllo, per usare una terminologia che ci è diventata familiare in epoca di pandemia, “avviene da remoto”, attraverso un complesso sistema che chiama in gioco gli ormoni della sfera sessuale (estrogeni, progesterone e androgeni), il fegato e le sue vie di produzione e smaltimento degli steroli e del sebo, il tratto gastro-intestinale con la flora batterica e tutto il microbiota, e il sistema immunitario. Pertanto, ogni cosa che possa perturbare queste stazioni di controllo, ha una conseguenza sulla stabilità delle lacrime. da qui, la maggiore frequenza di occhio secco in soggetti di sesso femminile in età perimenopausale, così come in persone di sesso maschile sottoposte a terapia antiandrogena per neoplasie alla prostata, o in pazienti affetti da epatopatia cronica o da malattie autoimmuni».
Le lacrime artificiali sono tutte uguali?
«No, spesso si crede che i sostituti lacrimali siano tutti uguali, e che la cura consista soltanto nel darsene un po’ durante la giornata. Premesso che abbiamo disponibili “lacrime artificiali” differenti per le diverse esigenze cliniche, abbiamo visto come il problema dell’occhio secco possa essere innescato da apparati ben lontani dall’occhio. Lubrificare la superficie oculare sofferente, e trascurare eventuali problemi ormonali, o epatici o autoimmuni, è come pretendere di prosciugare un terreno, inondato da un fiume, senza ripararne l’argine rotto. Bisogna avere lo sguardo più ampio».