Alluce valgo, quando servono scarpe comode. E quando il bisturi
ANTONELLA CORTESE
L'alluce valgo è un disturbo del piede molto comune soprattutto nelle donne. In Italia ne soffre circa il 40% delle donne e nel 75% dei casi riguarda entrambi i piedi. E’ una deformità visibile a occhio nudo che coinvolge l’alluce che devia, più o meno marcatamente, verso le altre dita. Ma oltre al problema estetico, sono il dolore e la limitazione funzionale che inducono a consultare l’ortopedico. Abbiamo chiesto il parere di Francesco Ceccarelli, direttore della Scuola di specializzazione in Ortopedia e traumatologia del Dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università di Parma, per saperne di più e sfatare miti e soluzioni di cui è pieno il web.
Che cos’è l’alluce valgo?
«E’ una deformità che coinvolge l’alluce caratterizzata da una sua deviazione verso l’esterno - spiega il professore - In un piede normale l’alluce risulta modestamente deviato di circa 5-7 gradi per cui si può parlare della deformità solo quando la deviazione del dito supera quella fisiologica. Questo generalmente avviene per uno squilibrio funzionale di tutto l’avampiede con una deviazione verso l’interno del 1° metatarso la cui testa finisce per sporgere nella parte interna del piede, formando la cosiddetta “nocetta” o “cipolla”. A causa di tale deviazione durante la marcia si determina uno spostamento di carico sui metatarsi centrali che provoca dolore (la cosiddetta “metatarsalgia”) e la caratteristica deformità delle dita piccole “ad artiglio o in griffe”».
Quali le cause dell’alluce valgo?
«Sicuramente c’è una predisposizione morfologica del piede, ad esempio un primo dito più lungo del secondo. Non si tratta di una patologia ereditaria, ma può essere familiare o congenita. Tra le cause predisponenti c’è il piede piatto, per questo è molto importante valutare ed eventualmente trattare il piede piatto nei bambini. La calzatura è una concausa ma non una causa, come spesso si dice: la testa del primo metatarso sporgente all’interno entra in conflitto con la calzatura, la “cipolla” sfrega contro la scarpa e questo può provocare l’infiammazione dei tessuti molli, la borsite che, nei casi più gravi, può anche ulcerarsi».
Ci sono dei fattori predisponenti?
«Sì, ci sono forme associate ad artrite reumatoide e forme postraumatiche e forme neurologiche. È un problema più frequente nelle donne poiché sono più esposte all’aumento di peso in gravidanza o alle modificazioni ormonali della menopausa».
E’ vero che se si soffre di alluce valgo ad un piede poi anche l’altro sviluppa il disturbo?
«Nella maggior parte dei casi è così. Nella forma più usuale, che è quella cosiddetta “biomeccanica”, e che compare dopo i 50 anni, la deformità è spesso bilaterale ma spesso con una differenza di gravità e di sintomi fra i due lati. Quando invece la deformità compare solo da una parte, dipende da altre cause come traumi, artrite reumatoide o squilibri neurologici».
Come viene fatta la diagnosi?
«Fare la diagnosi significa “tipizzare” il singolo caso, riconoscendo e valutando numerosi fattori sia clinici che radiografici che caratterizzano ogni singola deformità. Esistono molti tipi di alluce valgo con caratteristiche a volte molto diverse».
Quali le terapie?
«Inizialmente è consigliato l’uso di calzature comode ed in casi lievi un plantare può essere sufficiente a dominare il dolore sotto le teste metatarsali, cioè la metatarsalgia. Nelle forme più severe, invece, il plantare finisce per accentuare l’infiammazione ed il dolore a livello della protuberanza perché, sottraendo spazio nella scarpa, accentua il conflitto meccanico. Esistono dei divaricatori venduti in farmacia: non servono. La deformità può essere diversa da caso a caso e la scelta della terapia deve considerare le sue numerose variabili, sia cliniche che radiografiche, oltre alla presenza di malattie intercorrenti (come ad esempio diabete, disturbi vascolari, ecc.) che possono comunque condizionare la scelta del trattamento».
Quando ricorrere alla chirurgia?
«Solo se la sintomatologia non permette una vita normale. Le tecniche chirurgiche sono numerosissime e quella da utilizzare deve essere scelta in base a quei fattori che caratterizzano ogni singola deformità. Non esiste quindi una sola tecnica per tutti i piedi».
I tempi della ripresa?
«Intorno ai 3 mesi, dopo aver svolto adeguata riabilitazione. Come tutti gli interventi chirurgici, anche se in percentuali molto basse, sono possibili insuccessi e complicanze. La vera recidiva si manifesta a distanza di molto tempo, se non si sono riconosciuti e corretti i difetti del piede che abbiamo visto essere i fattori predisponenti lo sviluppo dell’alluce valgo, come il piede piatto».
L'intervento in day hospital: da 10 a 40 minuti e tecniche mini-invasive
Tecniche mini-invasive, mini-incisioni, tempi di recupero rapidi: come orientarsi tra le tante proposte? Ceccarelli precisa che le tecniche chirurgiche sono diverse a seconda dei casi, ma che nella maggior parte di essi si interviene con delle osteotomie (cioè tagliando il primo metatarso con delle piccole seghe o frese) che possono essere fissate con fili, viti o cambre. La durata dell’intervento dipende dalla gravità della deformità, dalla tecnica chirurgica indicata, dalla necessità di correggere deformità associate delle dita piccole. Nei casi più semplici si può effettuare l’intervento in day-hospital che, a seconda della complessità, può durare dai 10 ai 40 minuti. E le tecniche mini-invasive? «Ultimamente molti chirurghi utilizzano la tecnica percutanea che, mediante piccole frese motorizzate introdotte attraverso piccoli fori cutanei, permette di limare la sporgenza del primo metatarsale e di eseguire le stesse osteotomie simili a quelle delle tecniche tradizionali - spiega Ceccarelli - Con la percutanea, però, è necessario un uso eccessivo di raggi x e le osteotomie vengono stabilizzate solo dal bendaggio esterno senza mezzi metallici interni; a mio avviso sono tecniche da utilizzare in casi molto selezionati e più semplici. Inoltre, la mini-incisione non significa necessariamente mini-invasività perché a volte con la tecnica percutanea, non potendo agire sotto il diretto controllo visivo, la fresa può essere causa di importante invasività interna nei confronti di parti molli come vasi sanguigni e nervi, con complicanze quali necrosi ossee o fastidiose parestesie».
A.C.