Quando l'allergia ti punge nel vivo
di Monica Tiezzi
Abiti scollati, gonne o pantaloni corti, più tempo all'aria aperta, clima favorevole ad api e vespe. E così la puntura di imenotteri diventa in estate, quando le colonie sono più numerose, più frequente. E a volte letale, come dimostra la cronaca. Ne parliamo con Erminia Ridolo, responsabile del Centro di allergologia e immunologia clinica dell'ospedale Maggiore e direttrice della Scuola di specializzazione di allergologia ed immunologia clinica dell'università di Parma.
Quanti sono gli allergici alle punture di imenotteri?
Si calcola che il 56-94% della popolazione adulta sia stato punto da un imenottero almeno una volta nella vita. La percentuale di allergici nella popolazione generale adulta è stimata dal 9.3% al 40.7% ed aumenta al 30-60% in caso di esposizione elevata alle punture.
Quali sono gli effetti della puntura negli allergici?
Le sole reazioni cutanee interessano dal 2.4 al 26% della popolazione adulta, le reazioni più importanti, come difficoltà respiratoria e shock, colpiscono tra lo 0.3% e 8.9%. I sintomi cutanei sono quindi i più comuni (80%) e nel 15% dei casi sono l’unica manifestazione sistemica dell’adulto. Quasi il 50% delle reazioni comprende sintomi respiratori, mentre sintomi e segni di ipotensione si verificano in circa il 60%, nella metà dei casi con perdita di coscienza. Un caso abbastanza raro è l’anafilassi bifasica, cioè la ricomparsa dei sintomi anafilattici entro 4-24 ore dalla loro iniziale risoluzione e senza un'ulteriore puntura. Nei bambini il 60% delle reazioni sistemiche è lieve, negli adulti circa il 70% presenta sintomi respiratori o cardiocircolatori. Gli anziani hanno un rischio maggiore per reazioni fatali. Di tutte le reazioni allergiche che in tutto il mondo portano alla morte, il 20% è dovuto a punture di insetti.
Quali sono i fattori di rischio?
Svolgere lavori che espongono a frequenti punture, come apicoltori, agricoltori e vigili del fuoco, perché una precedente esposizione al veleno (in particolare, se il soggetto ha subito una puntura nei due mesi precedenti) può causare sensibilizzazione. La presenza, nel soggetto punto, di patologie come asma e cardiopatia. Il numero delle punture e il sito della puntura può permettere una più rapida diffusione del veleno. Le condizioni della persona al momento della puntura: un soggetto punto in una giornata calda, magari mentre svolge attività fisica, sarà in una condizione di vasodilatazione che causerà una repentina diffusione del veleno.
Cosa si può fare per scongiurare gli effetti più nefasti di una puntura di imenottero?
Innanzitutto, individuare i soggetti a rischio. Noi allergologi valutiamo i pazienti che hanno avuto una precedente reazione allergica importante e li inseriamo in un percorso diagnostico-terapeutico. Al centro di allergologia di Parma, uno dei primi in Italia, seguiamo 160 pazienti, e altri 150 sono al momento sottoposti alla terapia di desensibilizzazione. I pazienti pediatrici all’ospedale di Parma sono sottoposti ad un analogo percorso diagnostico terapeutico nel centro diretto dal professor Carlo Caffarelli. Il primo passo è dotare i soggetti allergici che hanno avuto precedenti reazioni, più a rischio, (anche i bambini) di un dispositivo salvavita: una penna autoiniettabile con adrenalina (in alcuni casi se ne forniscono due) grazie alla quale il soggetto punto, dopo aver ricevuto un'adeguata istruzione, può somministrarsi da solo il farmaco in caso di una reazione che non sia solo cutanea. Il paziente non deve aver paura di questa iniezione (la quantità di farmaco è predosata), non deve aspettare ad eseguirla, magari per vedere se "nel frattempo passa". La tempestività è essenziale.
E la terapia desensibilizzante?
I candidati a questa terapia sono quelli che hanno già avuto reazioni sistemiche importanti: non solo ponfi e arrossamenti, ma difficoltà di respiro, sintomi gastrointestinali o cardiovascolari (ipotensione, lipotimia, shock). Si tratta di somministrare ripetute iniezioni sottocutanee di veleno a dosi crescenti, in modo da desensibilizzare il paziente. E' una terapia lunga, dura cinque anni e prevede iniezioni inizialmente più frequenti ed in seguito mensili o bimensili. Questa terapia garantisce una protezione dalla comparsa di reazioni sistemiche del 98% in caso di nuova puntura.
Fra api e vespe, quali sono più pericolose?
La gravità della reazione non dipende tanto dall'insetto ma dal grado di sensibilizzazione della persona punta. Diciamo che la vespa, a differenza dell'ape, compete molto con l'uomo, ad esempio per il cibo, e quindi è più aggressiva. In ogni caso, capire a quale tipo di veleno di imenotteri si è sensibilizzati (ape o vespa) con un adeguato percorso diagnostico specialistico è cruciale nella gestione della reazione allergica.