Superare i ritardi

Il tuo bambino balbetta? Chiedi aiuto allo specialista

Ma come si riconoscono i disturbi del linguaggio? I bambini con disturbo di linguaggio possono spesso presentare altre caratteristiche non strettamente legate al linguaggio ma fortemente correlate, spiegano i due specialisti: ascoltano poco, manifestano difficoltà di concentrazione e di memoria. I genitori spesso riferiscono: “Mio figlio non parla”, “Mio figlio parla male”, “Quando gli chiedo di fare una cosa sembra che mi ascolti, ma non la fa”, “Mio figlio capisce, ma usa solo i gesti per comunicare”.

«Il linguaggio può essere caratterizzato da numerose distorsioni della parola pronunciata: la sequenza dei suoni può essere alterata da omissioni di suoni o sillabe, aggiunte, sostituzioni, distorsioni, rendendo poco comprensibile ciò che il bambino dice. Possono presentarsi anche difficoltà di comprensione o di costruzione della frase» dice Berghenti.

Quando serve lo specialista
Sin dai primi anni di vita ci sono delle differenze individuali che caratterizzano lo sviluppo del linguaggio: può trattarsi di semplici ritardi facilmente recuperabili, ma anche di uno sviluppo atipico che precede l’insorgenza di un disturbo.
«I bambini che fra i 2 e i 3 anni d’età presentano un ritardo nell’acquisizione del linguaggio, in assenza di altre patologie, sono considerati a rischio. Alcuni “campanelli d’allarme” che possono far pensare ad un disturbo piuttosto che ad un semplice ritardo sono: a 5/10 mesi assenza di lallazione (sillabe ripetute); a 12/14 mesi assenza di gesti di indicazione o di saluto; a 24 mesi vocabolario inferiore a 50 parole; a 24/30 mesi ritardo nella comprensione di ordini; a 30/40 mesi ridotta presenza di gioco immaginativo. In particolare, segnali di un disturbo primario di linguaggio sono: difficoltà di comprensione, vocabolario ridotto, errori nella costruzione della frase, persistenza nell’alterazione delle parole dopo i 30 mesi, lentezza e scarsa modificabilità nello sviluppo del linguaggio» continua la logopedista.

Ma esistono anche, fa notare Bacciu, alcuni fattori di rischio, non linguistici, che espongono ad una probabilità maggiore di sviluppare un disturbo di linguaggio, quali problemi di tipo audiologico (otiti ricorrenti, catarro tubarico...) e familiarità del disturbo.

Fanno parte invece dei disturbi dell'apprendimento dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia: il logopedista interviene per aiutare ad adottare strategie di apprendimento e ad utilizzare sistemi compensativi, come quelli informatici.

Le balbuzie
Un capitolo a parte riguarda la balbuzie, un disturbo non molto diffuso e che si esprime con diversi gradi di gravità. Secondo gli specialisti, è un disturbo della fluenza del linguaggio, a volte di origine familiare, il cui sintomo principale può rappresentare la “punta di un iceberg” di un disturbo più complesso.

La persona balbuziente sa con precisione quello che vorrebbe dire, ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di involontari arresti, ripetizioni e prolungamenti di un suono. Anche in questo caso il consiglio è sempre lo stesso: rivolgetevi al pediatra e ad uno specialista e intraprendere un percorso di cura.
A.B.