SALUTE

Come battere la "stomatofobia", la paura del dentista

Monica Rossi

Un disturbo molto comune, ma che si può combattere

Chiariamo un punto: difficile che ci sia chi fa salti di gioia perché deve andare dal dentista e anzi… se l’assistente chiama per rimandare, quasi quasi scatta una sensazione di sollievo.

L’appuntamento semestrale per il controllo o per curare una qualunque tra le magagne che possono colpire i denti, tuttavia, è un passaggio obbligato per avere una bocca (e non solo) in salute, e ovviamente un sorriso smagliante. Vero è però che tra il dire e il fare spesso ci si mette la paura, ed è quella che fa 90: sapevate che esiste una vera e propria patologia correlata? Si chiama «stomatofobia» e il disturbo non è affatto una cosa da poco, tanto che è stato riconosciuto ufficialmente anche dall’Oms: nelle forme più gravi, infatti, come informa la Fondazione Veronesi, «scatena attacchi di panico accompagnati da nausea e tremiti, vomito, sudorazione, bocca secca oppure ipersalivazione e un cambiamento della personalità, talvolta in senso aggressivo».

Da anni al centro di studi e ricerche, la stomatofobia (conosciuta anche come «odontofobia», letteralmente «paura del dentista») può essere collocata nell’alveo dei disturbi detti «monofobi», stati cioè che scatenano nel paziente una paura intensa nei confronti di un singolo evento o di un oggetto specifico.

Nel caso del dentista, può essere innescato dall’odore dell’ambulatorio, dal rumore del trapano, dal suono degli attrezzi, dalla vista della siringa per l’anestesia. A tutto questo va poi aggiunta la paura di vomitare («emetofobia») perché taluni proprio non sopportano l’inserimento in bocca dello specillo e dello specchietto per esaminare la dentatura o dell’ingombrante supporto, riempito di pasta morbida, per prendere l’impronta dentale.

Quella del dentista è una fobia atavica – spiega Angelo Di Mola, presidente della Commissione Albo degli Odontoiatri di Parma – e in genere la si eredita dai genitori e dai nonni, vissuti in tempi nei quali il dentista faceva proprio paura perché non si usavano le anestesie e non si avevano gli strumenti che invece adoperiamo oggi. Un panico alimentato anche da detti comuni e persino da qualche film stupido sui dentisti».

Nonostante i tempi siano cambiati, c’è ancora chi ha fifa. Non giova, oggi come ieri, il clima che spesso si crea in casa «quando si parla dell’appuntamento con il dentista e ci si lascia andare a commenti con note timorose - continua Di Mola - Ricordiamoci sempre che in una casa con bambini ci sono orecchie piccole che sentono tutto ed elaborano le sensazioni. Una paura che si alimenta persino quando il piccolo è ancora nel grembo materno: questa tensione viene trasferita nel subconscio».

Si tratta quindi anche di una catena psicologica che poi è difficile da scardinare nei futuri pazienti. La paura del dentista non è alla base di tutti i mali della mancata prevenzione odontoiatrica, ma ha certamente un peso rilevante. «I dati ci dicono che nel nostro Paese solo il 40% degli italiani va regolarmente dal dentista – svela Di Mola – e tra le cause c’è certamente la paura di sottoporsi alle sedute. In altri paesi non accade: negli Stati Uniti, ad esempio, quasi il 90% della popolazione si prende costantemente cura della bocca, con una prevenzione molto accurata».

Come fare per portare più italiani dal dentista?

«Andrebbe fatto un lavoro capillare a livello di programmazione sia sanitaria, sia scolastica - dice il presidente dell’Albo degli odontoiatri -. Dovremmo iniziare infatti ad affrontare l’importanza dell’igiene orale già in tenerissima età e fino alle scuole superiori».

E per vincere la paura? «Dipende dal paziente - spiega Di Mola -. Se si tratta di bambini, suggerisco dalle due alle tre sedute. Al piccolo non si fa niente se non parlargli, farlo giocare, fargli vedere magari un modello di bocca. Dopodiché si può pensare di procedere con piccoli interventi. Discorso ben diverso invece quando ad avere paura è un adulto, che con le sue fobie ci convive da tempo ma che potremmo lenire informandolo. Se entriamo in una stanza buia, è lecito avere paura; se invece entriamo in una stanza illuminata, siamo più sereni. Ecco, andare dal dentista senza sapere ha a mio parere lo stesso effetto».

Di Mola infine ricorda: «Oltre all’approccio, non dimentichiamo la tecnologia, che in questi anni ha fatto passi importanti. Penso ad esempio alla sedazione cosciente: grazie a questa tecnica anestesiologica, durante la seduta il paziente respira una miscela di ossigeno e protossido d’azoto attraverso una mascherina, si rilassa, ha una sensazione di benessere e la paura se ne va, a tutto vantaggio della collaborazione tra paziente e specialista».