Prevenzione
I «nemici» del respiro: altitudine, inquinamento, fumo e obesità
La vita è consumo di ossigeno. «In condizioni di riposo ne consumiamo circa 300 ml al minuto e produciamo contemporaneamente una quantità un po’ inferiore di anidride carbonica, circa 250 ml. Ma con un esercizio strenuo, consumo di ossigeno e produzione di anidride carbonica possono aumentare di 8-10 volte e negli atleti anche molto di più», spiega Alfredo Chetta, direttore della Clinica pneumologica dell'ospedale Maggiore.
«L’ossigeno è essenziale per “bruciare” i substrati, soprattutto zuccheri, a livello cellulare e produrre energia vitale. Il prodotto di questa combustione è l’anidride carbonica - spiega ancora Chetta - L’apparato toraco-polmonare con il suo ciclico e continuo processo di inspirazione ed espirazione serve appunto a trasportare l’ossigeno dall’aria ambiente al sangue che circola nei polmoni e contemporaneamente a far fare il percorso inverso all’anidride carbonica. C’è poi una profonda sinergia tra polmone e cuore, per cui il sangue ben ossigenato viene veicolato dall’apparato cardiovascolare ai vari organi: cervello, fegato, reni e muscoli».
In quali condizioni esterne il respiro può essere difficile?
«Clima, inquinamento e altitudine interferiscono in vario modo con il buon funzionamento dei polmoni. Respirare aria fredda, soprattutto se a lungo, può irritare le vie aeree, trachea e bronchi. Il naso ha l’importante funzione di filtrare e riscaldare l’aria inspirata, ma ci sono condizioni fisiologiche, quali l’esercizio fisico anche moderato, o patologiche, quali anche un banale raffreddore, che costringono ad una respirazione attraverso la bocca. In questi casi, specie d’inverno, aria fredda penetra nelle vie aeree e può causare un’infiammazione della mucosa, cioè del rivestimento esterno delle vie aeree, soprattutto in soggetti predisposti perché, ad esempio, già sofferenti di asma bronchiale, enfisema o bronchite cronica. L’inquinamento atmosferico espone invece il polmone ad inalare particelle che sfuggono al filtro del naso, come ad esempio le polveri sottili, costituite da particelle piccolissime con un diametro inferiore ai 10 micron e che per le loro caratteristiche aerodinamiche raggiungono il polmone profondo fin negli alveoli e possono interferire con il trasporto e lo scambio dei gas respiratori, ossigeno ed anidride carbonica. Un buon rimedio sta nell’uso delle mascherine Ffp2, ormai popolarissime.
Per quanto riguarda l’altitudine, c’è da dire che salendo ad alte quote la percentuale di ossigeno nell’aria inspirata rimane pur sempre il 21% della pressione barometrica, come al livello del mare, ma questa pressione salendo di quota si riduce e quindi anche la quantità di ossigeno nell’aria inspirata. Ad esempio a 3000 metri la pressione barometrica, che al livello del mare è in genere sui 760 mmHg, si riduce a 520 mmHg e quindi l’aria a questa quota è meno “ossigenata”. Ho parlato di 3000 metri non a caso, in quanto la pressurizzazione degli aerei in volo non è mai completa ed in cabina si ha in genere una pressione barometrica corrispondente a quella che si misura a 3000 metri di altitudine, anche se l’aereo è poi a quote ben superiori. Questo comporta un calo dell’ossigeno nel sangue che, se tollerato in condizioni normali, può essere pericoloso in chi ha già un’ipossiemia di base, cioè un valore basso di ossigeno nel sangue, perché cardiopatico o sofferente di malattie respiratorie croniche quali bronchite cronica, enfisema o fibrosi polmonare».
Quali sono le patologie più comuni che rendono il respiro difficoltoso?
«Un po’ tutte le malattie dei bronchi e dei polmoni possono causare respiro difficoltoso, che in termine medico è detto dispnea. In alcuni casi questa dispnea è acuta, insorge improvvisamente, è percepita come una sorta di repentina fame d’aria, e può essere dovuta ad un calo improvviso dell’ossigeno nel sangue, come si ha ad esempio nell’embolia polmonare o per una grave polmonite, come abbiamo purtroppo avuto modo di vedere con il Covid, o ancora per un grave attacco d’asma. Oppure la dispnea può essere cronica e aggravarsi progressivamente. In genere questo tipo di dispnea è legata all’esercizio fisico ed è percepita come fatica a respirare, tanto maggiore quanto più strenuo è lo sforzo fisico. In questi casi la meccanica polmonare è talmente compromessa che non riesce a garantire un adeguato aumento dell’apporto di ossigeno all’organismo, resosi necessario con l’esercizio. Le cause polmonari possono essere molteplici e sono riconducibili a malattie respiratorie croniche, quali le già citate bronchite cronica, enfisema o fibrosi polmonare. Ci sono poi condizioni extra-polmonari che possono causare dispnea cronica, quali l’insufficienza cardiaca o l’obesità, o acuta, come una crisi di panico. In caso di dispnea, in qualsiasi forma questa si manifesti, è buona norma evitare il fai-da-te e rivolgersi al proprio medico per un consulto. Sul piano farmacologico, il trattamento delle varie patologie respiratorie, acute o croniche, ha fatto passi da gigante. Nelle forme di asma grave, ad esempio, l’uso di farmaci biologici, quali gli anticorpi monoclonali, ha cambiato la storia naturale della malattia. D’altra parte anche nella fibrosi polmonare, una malattia dalla prognosi infausta, il recente impiego di farmaci anti-fibrosanti ha contribuito significativamente a migliorarne il decorso clinico».
Si possono prevenire - e come - i disturbi respiratori più comuni?
«Una buona misura preventiva sta certamente nell’evitare il fumo sia attivo che passivo. Bronchite cronica, enfisema, ma anche la fibrosi polmonare, oltre naturalmente al cancro del polmone, sono tutte patologie fumo-correlate. Le vaccinazioni anti-influenzale, anti-Covid e anti-pneumococcica sono altre importanti misure preventive nei confronti di infezioni respiratorie. Una moderata attività fisica quotidiana e una dieta sana sono misure che, prevenendo il sovrappeso e l’obesità, aiutano il respiro. L’obesità, ma anche il semplice sovrappeso, compromettono infatti significativamente la meccanica respiratoria. Tutto questo non basta naturalmente. Un terribile nemico dei nostri polmoni è l’inquinamento atmosferico. Migliorare la qualità dell’aria è un obbiettivo ormai irrinunciabile, che dipende da scelte politico-economiche collettive».