SALUTE E BENESSERE
«Dottore, mi fa male dappertutto»: mai scoraggiarsi, ecco le terapie
«Mi fa male dappertutto, non riesco a dormire, mi sento stanchissima» (il femminile non è casuale, e lo spieghiamo in pagina). Cosa succede? E se fosse fibromialgia?
Probabile, anzi quelle appena descritte sono le tipiche manifestazioni di questa patologia, che è di carattere reumatologico e interessa soprattutto le donne in età adulta: l’incidenza è infatti dell’80% se non addirittura del 90% della popolazione femminile dai 40-45 anni.
Chi ne è affetto paga un conto salato, sia da un punto di vista sociale e professionale, essendo dolorosa al punto da divenire invalidante (persino gli stimoli sensoriali più banali come lo sfregamento dei vestiti sulla pelle o essere toccati possono essere percepiti come un dolore insopportabile), sia da un punto di vista affettivo, visto che può colpire anche severamente la sfera intima, chiudendo la porta alla vita di coppia.
«La malattia, che colpisce in Italia più di un milione e mezzo di pazienti, è caratterizzata non solo dal già citato dolore muscoloscheletrico diffuso e persistente, dalla stanchezza e dal sonno non riposante, ma anche da tutta una serie di sintomi che compromettono fortemente la qualità della vita: vi possono essere disturbi di carattere gastrointestinale e genitourinario, così come quelli legati alla disautonomia neurovegetativa con cali di pressione, vertigini, turbe visive. E ancora: mal di testa, tensione muscolare, rigidità, disturbi dell’umore, confusione mentale (il cosiddetto “fibrofog”), nausea», spiega Fausto Salaffi, professore associato di reumatologia all’Università Politecnica delle Marche, responsabile del Centro regionale marchigiano della fibromialgia e coordinatore nazionale del Registro fibromialgia della Sir (Società italiana di reumatologia).
«La malattia, che fino a pochi anni or sono non veniva correttamente diagnosticata se non addirittura liquidata come immaginaria, oggi viene più facilmente diagnosticata grazie al supporto delle più recenti tecniche di neuroimaging (tra cui la risonanza magnetica funzionale e la Pet), che hanno consentito di evidenziare come nel sistema nervoso centrale vi siano aree di neuroinfiammazione che mantengono attiva e amplificata la sintomatologia dolorosa e grazie alle quali si sono aperte nuove prospettive di ricerca».
Il trattamento della fibromialgia è complesso e prevede un approccio multimodale. «Alla terapia farmacologica, capace di agire sui meccanismi fisiopatologici a livello del sistema nervoso centrale, si abbinano oggi le tecniche di tipo educazionale e riabilitativo - continua Salaffi -. Tra queste, vi è l’approccio fisiokinesiterapico in acqua nei centri termali: la balneoterapia e l’idrokinesiterapia, ad esempio, possono essere di giovamento a chi soffre di fibromialgia e non a caso ne parleremo in un convegno che si terrà il 4 marzo a Monticelli Terme, cui parteciperanno vari specialisti reumatologi, ortopedici, fisiatri, medici di medicina generale e fisioterapisti della riabilitazione».
Poiché la gamma di dolori e disturbi è così ampia e variegata, la diagnosi corretta di fibromialgia è spesso tardiva. «I pazienti passano da uno specialista all’altro anche per lunghi periodi, dai sei ai sette anni, prima che si riesca a formulare una diagnosi corretta. Eppure, la migliore prevenzione per questa malattia è proprio la diagnosi precoce, che non solo può gettare le basi per un approccio mirato, ma consentire di prevenire anche contraccolpi psichici che aggravano la sintomatologia. Paura, stress e ansia innescano circuiti viziosi di amplificazione del dolore e del disagio, compromettendo sempre più la qualità della vita dei pazienti».
Sulla fibromialgia si stanno concentrando gli sforzi anche del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità per attuare strategie di monitoraggio e personalizzare quelle terapeutiche.
«Abbiamo messo a punto un Registro nazionale, nel quale ad oggi sono stati inseriti oltre 7.000 pazienti, al quale fanno capo una quarantina di centri reumatologici in Italia e che serve per determinare e valutare il grado di severità della fibromialgia, che ha peraltro ottenuto il riconoscimento come malattia cronica», informa Salaffi.
L’incidenza in Italia è elevata e lo è anche in Emilia-Romagna: colpisce il 2,5% della popolazione, cioè oltre 100.000 persone, e molti di questi pazienti fanno i conti con una diagnosi tardiva.
«Tra le cause di questi ritardi c’è la difficoltà di diagnosticare la sindrome fibromialgica, che è una malattia subdola e “invisibile” perché i sintomi, come i dolori persistenti, sono difficilmente oggettivabili. Eppure, è la seconda patologia più frequente in ambito reumatologico, dopo l’artrosi - aggiunge Salaffi - Ma se la malattia viene precocemente diagnosticata e trattata, vi sono concrete possibilità di migliorare il quadro clinico e dunque la qualità della vita dei pazienti». Monica Rossi