salute

Sei allergico per davvero? Scopri come riconoscerlo

Anna Maria Ferrari

Dalla diagnosi alle terapie

Primavera, tempo di allergie. Ne parliamo con il professor Giovanni Cavagni, già primario in Allergologia all'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e specialista al Centro Medi Saluser di Parma.

È allergico un italiano su quattro: ma quando si può parlare davvero di allergia?

«L'allergia è una malattia ereditaria caratterizzata da una reazione esagerata del sistema immunitario nei confronti di una o più sostanze proteiche. Se entrambi i genitori sono allergici, anche il figlio è ad alto rischio di diventarlo. Più fortunato è chi ha solo una “sensibilizzazione”, nel senso che un soggetto può essere predisposto all'allergia, avere anticorpi, cosiddetti IgE, specifici contro un determinato allergene e quindi avere anche le prove cutanee allergiche positive, ma non avere disturbi, anche per tutta la vita. In questo caso non è ancora allergico: lo è quando i sintomi sono manifesti».

Come si riconoscono le allergie nei bambini?

«Come nell'adulto, cioè quando si presenta in tempi brevi una reazione abnorme verso una sostanza proteica. Il bambino con predisposizione genetica può incorrere in allergie già durante lo svezzamento, quindi l'inserimento di alimenti quali il latte di mucca o l'uovo deve essere attento ad eventuali immediate manifestazioni cutanee come l’orticaria, angioedema (gonfiore cutaneo più spesso al volto) seguite da disturbi respiratori e gastrointestinali fino all'estremo dell'ostruzione bronchiale che può portare allo choc anafilattico, se non si interviene prontamente nelle fasi iniziali della reazione allergica. Le allergie respiratorie a pollini, acari della polvere domestica e animali domestici sono caratterizzate da congiuntivite, rinite ed asma bronchiale. Spesso, invece, i genitori accusano l'alimentazione del bambino per qualsiasi sintomo: “Mio figlio ha mangiato il pomodoro tre giorni fa e adesso ha mal di pancia”. No, non è allergico: la vera reazione allergica avviene poco tempo dopo il contatto con l'allergene, sia alimentare che inalatorio».

Qual è la differenza tra allergia e intolleranza?

«La reazione allergica può colpire tutti gli organi, le intolleranze si manifestano prevalentemente con sintomi gastrointestinali. Facciamo l'esempio classico dell'intolleranza al lattosio: se bevo latte o mangio formaggi freschi, avrò mal di pancia e diarrea; se invece mangio parmigiano reggiano stagionato oltre 30 mesi, non mi succede, perché le proteine sono state “digerite” durante l'invecchiamento. Spesso mi capita di sentire persone che cominciano ad avere raffreddori in primavera nell'età adulta, fanno i test per le allergie e risultano positivi: ma come mai la malattia è comparsa a 50 anni e oltre? Diciamo che i disturbi si sono manifestati tardi, ma la sensibilità esisteva ben prima. Fin dall'infanzia, perché è ereditaria. Fortunatamente l'organismo è in grado, in tanti casi, di gestire la situazione: si chiama tolleranza immunologica».

Quali sono gli allergeni più frequenti nell'infanzia?

«Le proteine del latte vaccino, dell'uovo, della frutta secca, del grano, del pesce. Dopo gli alimenti, le sostanze che possono più frequentemente dare allergie sono gli acari della polvere, i pollini, gli epiteli animali come i peli di gatti e cani, alcune muffe. Ad esempio, ci sono bambini che cominciano a tossire non appena prendono in braccio un micio: nelle allergie le reazioni, come ho detto, sono immediate. Molto importante, ma meno frequente, è l'allergia agli imenotteri: patologia pericolosa perché, attraverso la puntura dell'insetto, il veleno arriva direttamente nel sangue e quindi può portare a reazioni improvvise molto gravi. Diciamo che questo succede più spesso nell'adulto. Le intolleranze, invece, presentano prevalentemente problemi di tipo digestivo: si è intolleranti al lattosio, che è lo zucchero del latte di mucca, quando non si hanno sufficienti enzimi da digerirlo».

È vero che per prevenire le allergie si deve mangiare di tutto fin dai primi mesi di vita?

«Non vi è consenso unanime su questa pratica di anticipare al 4° mese di vita l’assunzione degli alimenti più frequentemente allergizzanti. Consiglieri ai genitori dei bambini a rischio di allergie di comportarsi normalmente. Oggi, al termine del normale allattamento al seno, si tende a proporre l'autosvezzamento, cioè il bambino inizia mangiando quello che mangiano i genitori. Direi che ha vinto un comportamento naturale».

Il ruolo dell'eccesso di igiene: è vero che gli ambienti troppo puliti favoriscono la manifestazione della malattia?

«Negli anni '90 si è visto che il bambino che vive in campagna, vicino agli animali, aveva meno allergie del coetaneo di città. Perché? Perché gli anticorpi IgE prodotti dal sistema immunitario si possono dirigere verso un obiettivo, ad esempio combattere i parassiti come succede abitualmente nei Paesi in via di sviluppo. Nei Paesi Occidentali, invece, l’igiene spesso tende ad un eccesso di sterilizzazione e l’abuso spesso di antibiotici con l’eccessiva produzione di IgE tipica dei soggetti predisposti all’allergia, orientano questi anticorpi IgE, anziché verso i parassiti, verso sostanze normalmente innocue».

Quali sono farmaci più usati? E i vaccini?

«Partiamo dagli antistaminici, che sono molto efficaci contro la rinite e il prurito e che oggi, rispetto ad anni fa, permettono una vita normalissima. Ci sono poi gli anti-infiammatori locali, a livello oculare, nasale o bronchiale che sono cortisonici: presi per via inalatoria, non presentano effetti collaterali. Per le allergie respiratorie usiamo i cosiddetti vaccini antiallergici, che sono immunoterapie specifiche, la cui efficacia e sicurezza sono ben documentate Si tratta di preparati che riducono la sensibilità verso l’allergene in causa: continuando a somministrare la sostanza verso cui si è allergici in dosi sempre maggiori, il paziente diventa gradualmente tollerante. Si ricorre sempre più frequentemente, anche se ancora sperimentale e praticata solo in Centri specializzati, alla terapia desensibilizzante orale nelle allergie alimentari. Nei bambini che sono a rischio di gravi reazioni con piccole quantità di latte o uova, riusciamo a desensibilizzare fino a permettere al bimbo, già nei primi anni di vita, di tollerare quantità del tutto normali, aumentando gradualmente e lentamente le dosi dell’alimento allergizzante».

Ci sono allergie che fin dal loro primo manifestarsi causano uno choc anafilattico?

«Possibile, ma molto difficile. Facciamo l'esempio dell'ape: alla prima puntura, anche se si è allergici, l'organismo non ha ancora costruito le immunoglobuline specifiche che, alla seconda puntura, possono invece scatenare la reazione. C'è tempo di capire e di proteggersi».

Quali farmaci deve avere sempre con sé il paziente gravemente allergico?

«L'adrenalina salvavita. Ma, ribadisco, si tratta di casi a rischio grave».