salute
«Memoria, linguaggio, umore: ecco i primi campanelli d'allarme della demenza»
Giovanni Gelmini, geriatra e direttore del Distretto sud est dell'Ausl: «A chi rivolgersi»
Secondo i dati del «Global action plan on the public health response to dementia 2017-2025» dell’Oms, sono state 47 milioni le persone nel mondo affette da demenza, una cifra che si prevede aumenti ogni anno di circa di 10 milioni. Una vera e propria epidemia che rappresenta una priorità per la salute pubblica mondiale. Abbiamo parlato della situazione di questa malattia nel territorio parmense con Giovanni Gelmini, geriatra e direttore del Distretto sud est dell’Ausl di Parma.
Cosa si intende per «demenza»?
«Demenza è un termine generico che indica diverse forme di malattia, la più frequente delle quali è l’Alzheimer. Si tratta di una sindrome clinica caratterizzata da una più o meno grave compromissione delle capacità cognitive del soggetto tale da interferire con le attività sociali, occupazionali e organizzative della vita quotidiana. In pratica, possono essere colpiti, in maniera singola o multipla, le capacità di attenzione, la memoria, la conoscenza, il linguaggio, la gestualità, il giudizio critico e il pensiero astratto. Inoltre possono altresì evidenziarsi, lungo il decorso della malattia, disturbi del comportamento quali sintomi psicotici, ansia, depressione, agitazione psicomotoria, insonnia, aggressività verbale e fisica che creano non poche difficoltà sia al soggetto che a chi gli sta intorno».
Quali sono i segnali di allarme? E in che modo e quando intervenire?
«Sintomi che possono indicare la necessità di un approfondimento diagnostico sono: una perdita di memoria che compromette la capacità lavorativa in maniera progressiva; problemi di linguaggio; disorientamento nel tempo e nello spazio con incapacità a riconoscere mese, anno, stagione, giorno della settimana e luoghi più o meno noti per quanto riguarda lo spazio; diminuzione della capacità di giudizio critico con possibile comparsa di comportamenti inadeguati sul piano socio-relazionale; difficoltà nel pensiero astratto con incapacità a ideazioni e progettazioni logiche e coerenti; cambiamenti di umore, di personalità e di comportamento sia in rapporto alla propria persona che alle relazioni esterne; comparsa di deliri e/o allucinazioni che rendono evidente l’errata interpretazione della realtà dei fatti. Quando occorrono questi sintomi è opportune parlarne con il proprio medico di medicina generale il quale, se lo riterrà necessario, invierà il paziente presso uno dei Centri del deterioramento cognitivo o demenze (CDCD) che sono presenti in tutto il territorio provinciale, prenotabili tramite Cup».
Qual è la situazione a Parma?
«La nostra provincia sul piano epidemiologico non si discosta sostanzialmente dal dato del resto della nazione, con una prevalenza della demenza del 8% negli ultrasessantacinquenni che sale ad oltre il 20% dopo gli ottant'anni. Infatti il principale fattore di rischio della comparsa di malattia è l’età e, trattandosi noi di una società che invecchia, è ipotizzabile che nella nostra nazione i casi di demenza potrebbero triplicarsi entro il 2051».
Quali sono le modalità di assistenza?
«Tutti coloro che si occupano di demenza sono concordi nell’affermare che l’approccio alla malattia deve essere un approccio “a tutto tondo”, ovvero che deve considerare i vari aspetti che coinvolgono e circondano il “mondo” del paziente. La storia del soggetto, le sue condizioni cliniche, la tipologia e la gravità della malattia sul piano cognitivo-comportamentale e funzionale, il substrato familiare e sociale rappresentano i cardini della valutazione su cui impostare l’approccio globale alla malattia. Sono i punti cruciali da cui ricavare un piano terapeutico-assistenziale ritenuto più idoneo al fine di migliorare, nei limiti del possibile e il più possibile, la qualità di vita del paziente e dei familiari. È un percorso assistenziale non facile, impegnativo, che necessita di sinergie operative che possono coinvolgere oltre chi assiste in prima persona anche varie competenze sanitarie, sia generiche che specialistiche, e socio-assistenziali».
Quali sono le ripercussioni a livello familiare?
«La maggior parte dei dementi è assistito al domicilio, in particolare dalle donne di famiglia e prevalentemente dalle figlie. È quindi nel nucleo familiare che si determina il massimo carico assistenziale. Si stima che il peso economico, tra costi diretti ed indiretti, di un malato di demenza sulla famiglia sia di 40-50 mila euro l’anno. Il peso psicologico, affettivo e socio-relazionale, ovviamente meno quantificabile sul piano numerico, è sicuramente molto di più. La demenza non può essere considerata una malattia del singolo, bensì una malattia della famiglia».
Come affrontare e gestire l’insorgenza della malattia, sia dal punto di vista del malato che della famiglia?
«Volendo riassumere quanto emerge dall’esperienza consolidata dei vari professionisti ed operatori che “curano” i pazienti affetti da demenza, e dalla letteratura sempre più vasta del settore psicogeriatrico, possiamo sintetizzare che, nella demenza iniziale, quando i sintomi sono più lievi, i farmaci, la riabilitazione cognitiva, gli stimoli all’attività fisica e mentale, il sostegno psicologico e la qualità delle relazioni sociali e famigliari rappresentano le principali forme di approccio globale. Nei casi di demenza moderata, in cui spesso i disturbi comportamentali rappresentano l’espressione della patologia più fastidiosa sia per il paziente che per chi gli sta intorno, il loro trattamento con farmaci neurolettici o altri tipi di psicofarmaco possono costituire un momento terapeutico fondamentale. Infine, nelle circostanze di demenza severa, risulta fondamentale il sostegno alle attività semplici della vita quotidiana come il lavarsi, mangiare, vestirsi, muoversi. E naturalmente anche il ruolo delle istituzioni socio-sanitarie ed il supporto e sostegno operativo sia psicologico che educativo ai famigliari è vitale, così come il sollievo degli stessi e l’attivazione del ricovero temporaneo - o definitivo - in adeguate strutture. L’assistenza al soggetto affetto da demenza è spesso di difficile esecuzione e coinvolgente. Ecco quindi che risulta importante conoscere nozioni pratiche ed accorgimenti assistenziali tra cui, come primo consiglio, quello di imparare le abitudini del soggetto demente da accudire, compresa la sua intimità. Poiché la conoscenza delle sue caratteristiche è spesso la chiave per risolvere momenti “critici” che possono creare non poche difficoltà».