Salute
Cardioaspirina? Non va prescritta a tutti
Non è (più) una mossa preventiva per tutti, secondo studi recenti. Anzi, può essere dannosa
Siamo in un’epoca in cui ci pare di poter sapere di tutto, anche io ammetto mi informo spesso su campi a me totalmente ignoti e a volte mi cimento in sfide poco probabili (ultimamente ho cercato di fingermi informatico e imparare a programmare per l’intelligenza artificiale con un minicorso online… no comment). Ma in medicina è interessante verificare come concetti dati totalmente per scontati 15 anni fa, oggi non reggano. E anzi si pensi che il contrario sia vero.
Ho scelto due farmaci paradigmatici per dimostrarvi i cambiamenti nel tempo delle evidenze scientifiche che hanno portato a riconsiderarli quasi completamente. Dico sempre ai miei giovani colleghi o studenti, spesso sicuri sull’ultimo risultato di trial clinico, come solo a 29 anni si può essere, che le evidenze scientifiche hanno una scadenza breve. Come il latte.
L’aspirina era negli anni ‘90 “il trucco” che qualsiasi medico o parente di medico elargiva dando di gomito in confidenza a 45enni preoccupati per una vita serena senza infarto del miocardio, ma oggi dopo ripetuti studi randomizzati (quelli che dimostrano l’incontrovertibile verità delle cose), su molte migliaia di di soggetti non ancora malati, (la cosiddetta prevenzione primaria), sappiamo con certezza che dare l’aspirina a scopo preventivo in persone che non abbiano avuto in precedenza un infarto o coronaropatia nota è sbagliato, aumenta di tanto le emorragie gravi, prevenendo solo, e forse, una minima parte degli infarti, con un risultato netto molto sbilanciato verso il danno, che aumenta la mortalità negli anni di chi la assume.
Lo stesso non è, ad esempio, per i pazienti già coronaropatici: quello che è adatto per un tipo di persona non lo è necessariamente per un altro.
Impiego molte decine di minuti a convincere quei miei pazienti che non hanno le caratteristiche giuste per assumere cardioaspirina (quelli senza eventi cerebrovascolari in passato) che sì, lo so che la prendono da 30 anni, ma oggi si sa che è stato sbagliato.
La scienza avanza: se è andata bene fino ad oggi, vogliamo continuare a prenderci rischi in futuro? Non sempre li convinco, credo... ma qualcuno alla fine si fida. È la cosiddetta nefasta “therapeutic fashion”, la moda in medicina, il peggior nemico dell’evidenza scientifica.
Prendiamo poi la Flecainide, un antiaritmico davvero efficace, ma “dannato” dagli anni ’90 ad oggi perché considerato pericoloso, basandosi su un solo studio (CAST, per gli appassionati) che ne dimostrava in effetti pericolosità in persone con recente infarto e un cuore che pompa con forza molto ridotta.
Così non è invece per nulla nel paziente giusto, quello senza infarto precedente o altre condizioni, dove è molto efficace a prevenire fibrillazione atriale e non solo, e un recente studio su 40.000 soggetti della Emory University (osservazionale, meno attendibile dei randomizzati) ne proclama ora addirittura una presunta ed improbabile capacità salvifica (riduceva apparentemente addirittura la mortalità di quasi quattro volte).
Ecco quindi che oggi il bravo cardiologo non può esimersi dal seguire la letteratura e le raccomandazioni internazionali continuamente e in modo molto critico, sapiente direi, e vi sarà una giusta riduzione dell’utilizzo di un farmaco come la cardioaspirina in prevenzione primaria (nei sani, per così dire), mentre un farmaco che tuttora viene sospeso da molti medici dicendo “ma chi gliel’ha dato?” come la flecainide, se utilizzato nei soggetti giusti, è un utilissimo antiaritmico. Studiare sempre in molti campi è davvero un obbligo, e purtroppo anche in medicina si applica quello che diceva Niccolò Paganini: «Se non studio un giorno, me ne accorgo io. Se non studio due giorni, se ne accorge il pubblico».