ALIMENTAZIONE

Vuoi una vita più dolce? Consuma meno zucchero

Gianfranco Beltrami

Se i carboidrati da un lato rappresentano una fonte energetica e nutrizionale importantissima per il nostro organismo, tanto che in quasi tutte le diete è consigliato di assumerne intorno al 50% dell’apporto calorico giornaliero, è altrettanto vero che numerosi studi scientifici hanno documentato che diete ad alto contenuto di carboidrati, soprattutto se ricche di zuccheri semplici e carboidrati raffinati, sono associate a un aumento del rischio di malattie come il diabete di tipo 2, l’obesità e la sindrome metabolica.
Un recente parere dell’autorità europea alimentare, l'Efsa, è arrivato alla conclusione che, in una dieta nutrizionalmente corretta, l'assunzione di zuccheri aggiunti e zuccheri liberi dovrebbe essere la più bassa possibile e anche l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda una forte riduzione dell’assunzione di zuccheri giornalieri, addirittura a meno del 5% dell’energia totale, pari a circa a 25 grammi, che corrispondono a cinque cucchiaini da caffè di zucchero.
La dieta giornaliera può comprendere diverse categorie e fonti di zuccheri : gli «zuccheri totali» sono la somma di tutti gli zuccheri presenti nell’alimentazione, gli zuccheri «liberi» sono quelli presenti in natura (ad esempio nel miele e nella frutta), mentre quelli «aggiunti» sono zuccheri raffinati usati nella preparazione dei cibi e come zucchero da tavola.
Va chiarito che gli zuccheri non sono sempre dannosi di per se stessi e non va assolutamente condannata l’assunzione anche quotidiana di una piccola dose di essi, ma attualmente vi è una sempre più ampia disponibilità di sostanze dolci e l’introduzione ripetuta nella giornata di cereali raffinati, succhi dolcificati e alcolici porta nell’organismo alla attivazione di processi definiti di «glicazione» che, accumulandosi nel tempo, interferiscono negativamente su alcune funzioni dell’organismo danneggiandole.
Le sostanze glicate agiscono come veri e propri veleni per le cellule tanto da essere definite «glicotossine», e portano a creare una «caramellizzazione» delle proteine, degli enzimi e del Dna, con un'azione ossidante che genera effetti pro-invecchiamento. Effetti che non sono diretti e immediati, come per un'indigestione o un’intossicazione, ma dipendono dall’accumulo progressivo di sostanze infiammatorie, causate dalla ripetuta o eccessiva introduzione di alcuni alimenti o di alcuni gruppi alimentari fra cui i dolci.
Per questo gli effetti negativi sulla salute provocati dalla reiterata abitudine di «cappuccio e brioche» si possono rivelare anche a distanza di molto tempo, causando l’accumulo progressivo di sostanze infiammatorie che danneggiano poco alla volta la nostra salute.
Un recentissimo studio pubblicato alcuni giorni fa sulla rivista «Journal of medicinal food» da un gruppo di ricercatori dell’Università di Tampa, in Florida, ha ribadito lo stretto rapporto tra cibo e infiammazione e come ci siano cibi che favoriscono l’infiammazione ed altri che la combattono. Un'alimentazione non corretta, protratta per lunghi periodi, porta quasi inevitabilmente ad una infiammazione cronica che viene definita «silente e di basso grado» che può condurre a sviluppare patologie croniche che vanno dalla colite, alla cistite, dall’artrite alla congiuntivite, dalla dermatite alla vaginite, ma anche a disturbi ricorrenti come meteorismo, pancia gonfia, emicrania, eczema, reflusso, dolori articolari, nevralgie ecc.
Recenti ricerche hanno documentato inoltre come il fenomeno della glicazione non è coinvolto solamente nello sviluppo delle malattie metaboliche come la gotta, il diabete, le dislipidemie e la steatosi epatica, ma anche nell’invecchiamento e nella degenerazione del cervello. Alcuni autori hanno già definito l’Alzheimer come «diabete di tipo 3», documentando come anche nel Parkinson, nel declino cognitivo e nella perdita della memoria, le sostanze glicanti provocano un danno ben definito ai neuroni.
Non è quindi più sufficiente controllare che i valori della glicemia siano corretti al mattino a digiuno, perché si è scoperto che sono i picchi elevati di glicemia a determinare i danni maggiori ed è sufficiente una colazione con marmellate o yogurth alla frutta e l’assunzione quotidiana di caffè dolcificati per determinare frequenti e repentine oscillazioni di glicemia e provocare quei pericolosi sbalzi del glucosio circolante che favoriscono i fenomeni di glicazione.
Seguendo le indicazioni delle principali linee guida di apportare più della metà delle calorie giornaliere attraverso i carboidrati, è quindi importante saperli scegliere e dosare privilegiando fonti come verdure, frutta, legumi e cereali integrali (più ricchi di fibre, vitamine e minerali) e riducendo il consumo di dolci, bibite zuccherate e cibi altamente trasformati, che oltre a favorire i pericolosi fenomeni di glicazione contribuiscono a determinare sovrappeso e obesità.
La quantità ottimale di carboidrati varia da persona a persona a seconda dello stile di vita, dell’attività fisica, del tipo di lavoro, dell’età e della presenza di eventuali patologie. Ad esempio un giovane sportivo può senza problemi aumentare l’apporto di carboidrati (anche quelli semplici) rispetto a un soggetto sedentario di età avanzata.
Un buon punto di partenza per tutti può essere riempire un quarto del piatto con cibi ricchi di carboidrati come pasta integrale, riso integrale, quinoa, pane integrale, un altro quarto con proteine sane come pesce, legumi, carne magra e uova, e la restante metà con molta verdura e meno frutta.