salute e benessere
Che la vita sia dolce... ma con poco fruttosio
È vero che il fruttosio fa male ? Da un lato figura tra gli zuccheri “buoni” perché contenuto nella frutta e nel miele e ha un indice glicemico (vale a dire la velocità con cui aumenta la glicemia) molto più basso dello zucchero da cucina, ma può anche rappresentare un grave fattore di rischio per la salute.
Moltissimi studi hanno dimostrato come mangiare più frutta e verdura diminuisca la mortalità in generale e l’incidenza di malattie cardiovascolari, diabete, tumori e obesità, questo perché le piante producono naturalmente una grande quantità di antiossidanti e nutrienti benefici che proteggono l’organismo.
Il consumo di fruttosio si sta facendo sempre più alto soprattutto nella dieta occidentale e il consumo di frutta, che oggi ha un contenuto di fruttosio molto superiore a cento anni fa, è aumentato molto rispetto agli anni Cinquanta. La frutta, specie se assunta da soggetti non diabetici o in sovrappeso, non va quindi certo demonizzata, ha un potere nutriente importante in quanto ricca di acqua, vitamine, minerali e antiossidanti ed assumere fruttosio in quantità normali, variando i tipi di frutta e mangiando quella di stagione possibilmente con la buccia ricca di fibre, fa bene.
Quando invece il fruttosio viene assunto in eccesso, ad esempio sotto forma di sciroppo di fruttosio contenuto in molti prodotti industriali e molto utilizzato per il suo potere dolcificante superiore a quello del glucosio, può essere veramente molto dannoso. Andrebbero ridotti al minimo alimenti e bevande che lo contengono in gran quantità perché più appetibile e per il suo maggiore potere dolcificante rispetto allo zucchero.
I maggiori imputati sono bibite, succhi e bevande zuccherate il cui consumo è entrato nelle abitudini alimentari anche dei bambini molto piccoli come spuntino, merenda o accompagnamento del pasto principale al posto dell’acqua.
Le calorie introdotte con queste bevande sono definite “calorie vuote” perché apportano solo pochissimi nutrienti e stimolano la fame favorendo sovrappeso e obesità che colpiscono sempre di più i giovani.
Ma proviamo a spiegare perché il fruttosio può essere così dannoso. Quando si mangiano dei carboidrati come pane, pasta, riso, questi vengono assorbiti dall’intestino dopo essere stati demoliti in molecole di glucosio e vanno nel sangue stimolando la produzione di insulina da parte del pancreas. L’insulina è quell’ormone che favorisce l’utilizzo dello zucchero da parte dei muscoli e riporta gradualmente nella norma i valori della glicemia. Solo una parte del glucosio (circa un 20%) arriva al fegato dove viene immagazzinato sotto forma di glicogeno epatico, ed in parte viene trasformato in grassi.
Il fruttosio invece non viene utilizzato dai muscoli ma è metabolizzato principalmente nel fegato con un percorso molto simile al percorso dell’alcool, causando le stesse problematiche. Inoltre, al contrario del glucosio, non viene immagazzinato sotto forma di glicogeno, ma viene convertito quasi interamente in grasso accumulandosi principalmente a livello viscerale intorno agli organi interni, aumentando la circonferenza addominale, considerata un importante fattore rischio di malattie cardiovascolari, o rimanendo intrappolato nel fegato determinando quella condizione definita “fegato grasso” o steatosi epatica.
La cronica assunzione di alcool può portare alla steato-epatite alcolica, mentre l’assunzione cronica di fruttosio in eccesso può causare la steato epatite non alcolica, confermatasi strettamente correlata all’assunzione di fruttosio anche da uno studio effettuato su 271 bambini obesi da un gruppo di ricerca dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma e pubblicato su “Journal of Hepatology”.
Un eccesso di fruttosio può inoltre causare una insulino resistenza a livello muscolare ed epatico, vale a dire quella condizione in cui le cellule non rispondono più in maniera adeguata all’insulina, costringendo il pancreas a produrne di più e predisponendo al diabete. Il fruttosio in eccesso provoca inoltre un’aumentata produzione intraepatica di acidi urici che determinano un aumento della pressione arteriosa.
Quanti zuccheri semplici è consentito assumere nelle 24 ore per non causare questi danni? L’Organizzazione mondiale della sanità - che ha sollecitato misure restrittive che hanno portato molti governi ad applicare una “sugar tax” sui dolci - raccomanda un consumo di zuccheri semplici inferiore al 5% delle calorie totali assunte giornalmente. In pratica si dovrebbero consumare al massimo 25 grammi di zucchero, pari a 5 cucchiaini. Un limite molto facile da superare, visto che, per esempio, una bustina di zucchero ne contiene 5 grammi e una bibita gassata può arrivare a contenerne 40 grammi.
È importante ricordare che le fibre presenti nella frutta sono in grado di ridurre l’assorbimento del fruttosio, quindi si raccomanda di non mangiare frutta sotto forma di centrifugati, estratti e succhi, ma solo come frutto intero possibilmente biologico, per poter consumare anche la buccia senza il rischio di ingerire pesticidi.
Per chi è portato a superare questi limiti, è molto utile l’attività fisica in grado di “bruciare” gli zuccheri ed è importante che gli zuccheri vengano assunti nella prima parte della giornata e non alla sera, quando sarà più difficile utilizzarli come combustibile e verranno trasformati in grassi e depositati come adipe nel fegato e a livello addominale.