Presi per il collo

Crescono i disturbi muscolo-scheletrici legati ai device, il «text neck» colpisce e danneggia soprattutto i giovani

Raffaella Ilari

Si chiama “text neck” (collo da messaggi di testo) la sindrome dei tempi moderni che racchiude tutti quei disturbi e problematiche posturali derivanti dall’utilizzo prolungato (ed eccessivo) ai vari dispositivi mobili, come smartphone, tablet e computer, che hanno modificato le nostre abitudini quotidiane.
Il loro uso prolungato è associato all’insorgere di dolori muscoloscheletrici, localizzati alla zona cervicale, con sensazione di rigidità e indolenzimento, dovuti proprio alla postura che viene assunta durante il loro utilizzo.
La testa inclinata in avanti e verso il basso aumenta il carico sulla colonna vertebrale cervicale e può causare una varietà di problemi fisici. Molti gli studi scientifici sull’argomento usciti in questi ultimi anni.
Ne parliamo con Monica Nora, dirigente medico della Medicina fisica e riabilitazione dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, diretta da Rodolfo Brianti.

Quali sono i disturbi più comuni?
«I disturbi sono di natura algica, caratterizzati da dolore e contratture a livello della muscolatura cervicale, paravertebrale e delle spalle, in particolare del muscolo trapezio. Si tratta di disturbi causati da alterazioni posturali, in quanto il capo viene proiettato in avanti e in basso, cioè in flessione, in una posizione innaturale di cui la persona spesso non si rende conto».
L’utilizzo prolungato dello smartphone fa più danni rispetto al computer?
«Assolutamente sì, perché può dar luogo anche a tendiniti a livello delle dita della mano per il continuo digitare e reggere il telefono, che è sempre un peso, seppur piccolo. Inoltre lo schermo, di dimensioni più ridotte, non è appoggiato alla scrivania, perciò si tende a flettere maggiormente il collo. Dal punto di vista biomeccanico, dobbiamo pensare che il peso della testa, che grava sulla colonna cervicale quando il capo è mantenuto eretto, è di circa 4-5 chili. Se invece lo flettiamo in avanti, il peso aumenta fino ad arrivare a 30 chili».

Alcuni studi scientifici rilevano che gli studenti che usano il cellulare per circa tre ore al giorno sono coloro che maggiormente sviluppano dolore al collo. Sono maggiori i danni negli adolescenti?
«Se nell’adulto abbiamo una situazione dolorosa, ma meno problematica perché la colonna vertebrale è già formata, nei ragazzi l’organismo si sta ancora sviluppando quindi alla lunga potrebbero insorgere situazioni più strutturali ed eventuali deformazioni dei corpi vertebrali. Peraltro, c’è una correlazione tra i movimenti oculari e i muscoli che permettono di ruotare la testa.
Più stiamo rigidi e concentrati a fissare, più si irrigidiscono i muscoli del collo. Fissare uno schermo, soprattutto di piccole dimensioni, per tempi prolungati, con il capo flesso e le spalle chiuse, peggiora la situazione perché crea dolore, contratture muscolari e, con il tempo, incapacità ad allinearsi».

Quali consigli dare dunque per migliorare la situazione?
«Avere una buona postura iniziale, con piedi e gomiti appoggiati, sedia comoda, possibilmente ergonomica, colonna vertebrale allineata secondo le curve fisiologiche, mantenendo cioè la lordosi lombare.
Usare il cellulare il minore tempo possibile, preferendo schermi più grandi e posizionati su scrivanie. Mantenere lo schermo possibilmente a livello degli occhi. Staccare periodicamente lo sguardo dal dispositivo e guardare un punto lontano su una linea orizzontale, per rilassare la muscolatura oculare e quella cervicale. Cambiare spesso la postura, fare piccoli movimenti, ogni cinque minuti, delle spalle, del collo, con rotazioni a destra e sinistra ed inclinazioni delicate ma frequenti. Muovere le spalle, senza tenerle chiuse in avanti o innalzate, rilassarle avvicinando le scapole tra di loro, perché quando siamo concentrati a lavorare al computer, o a leggere i messaggi che arrivano sul nostro cellulare, contraiamo anche queste. Fare anche un bel respiro profondo, con espirazione calma e prolungata che, come ci insegna lo yoga, ha un’azione decontratturante».



Monica Nora
Specialista della Medicina fisica e riabilitazione dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma