salute

«Infiammati» dal grasso. I tanti danni dell'obesità

Gianfranco Beltrami

Sovrappeso e obesità sono una epidemia in grande espansione: le statistiche calcolano che nel mondo un terzo della popolazione sia in sovrappeso o obesa con oltre due miliardi di persone, fra cui sempre più minorenni, che hanno un peso eccessivo.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) definisce il peso corretto di un individuo con l’indice di massa corporea calcolato facendo il rapporto tra il peso in chilogrammi del soggetto e il quadrato dell'altezza in metri. Una persona è definita in sovrappeso quando l’indice di massa corporea è maggiore o uguale a 25 kg/m² ed invece obesa quando questo indice supera i 30. A questo dato viene affiancata la misura della circonferenza addominale che non deve superare i 102 centimetri nell’uomo e gli 88 nelle donne.
Le più recenti evidenze scientifiche suggeriscono che l’indice di massa corporea non sia valido in quanto, non distinguendo tra massa muscolare e massa grassa e non dando indicazioni su dove è localizzato il grasso, non identifica correttamente lo stato fisico e metabolico di un individuo. Esistono nuove tecniche diagnostiche, come l’impedenza bioelettrica (BIA), in grado di ben valutare la composizione corporea distinguendo fra i diversi tessuti dell’organismo e l’ecografia nutrizionale che differenzia il grasso sottocutaneo da quello più pericoloso intraddominale e viscerale, mentre test funzionali possono individuare la perdita di massa magra (sarcopenia) e l’infiltrazione di grasso nel tessuto muscolare.
A differenza di quello che si pensava comunemente, il grasso non è una semplice riserva di energia o una conseguenza di altre patologie, ma riveste un ruolo importante per l’organismo sia a livello ormonale che immunitario, essendo in grado di secernere diverse sostanze fra cui la leptina, l’adiponectina e le citochine infiammatorie come interleuchina 6 e TNF-alfa che regolano il metabolismo, l’accumulo di energia, il deposito di grasso, ed accentuano il rischio di incorrere in varie patologie tra cui il diabete, l’ipertensione arteriosa, le malattie cardio-vascolari, i dolori osteoarticolari ed alcune tipologie di tumore.
Un articolo pubblicato da un gruppo di ricerca che fa capo a tre università spagnole, pubblicato il mese scorso sulla rivista “Gynecological endocrinology”, ha ribadito come sovrappeso e obesità non siano solo una questione di chili in più, ma una vera e propria patologia cronica e metabolica complessa che ha cause che possono essere genetiche, ambientali o legate allo stile di vita e che si accompagna sempre ad uno stato infiammatorio che accorcia la longevità e la vita in salute.
La commissione Lancet diabetes & endocrinology nel gennaio 2025 ha per questo ridefinito l’obesità come una malattia sistemica cronica su base infiammatoria di basso grado, distinguendo un'obesità preclinica e clinica sulla base del danno funzionale dei vari organi. Lo stato infiammatorio, che ostacola anche la perdita di peso, è associato a molteplici complicanze come ripercussioni dal punto di vista metabolico con aumento della glicemia, del colesterolo e dei trigliceridi, aterosclerosi, trombosi e ipertensione arteriosa.
Per perdere peso è necessario pertanto un approccio personalizzato che non tenga conto solo dello sbilanciamento tra apporto e dispendio calorico, ma anche delle caratteristiche cliniche e personali, delle patologie presenti, dei fattori di rischio, dei risultati degli esami diagnostici ma soprattutto dello stato infiammatorio cronico che può favorire l’aumento di peso e che spesso è la causa della difficoltà a dimagrire che le persone incontrano, nonostante seguano i consigli nutrizionali e fisico-motori degli specialisti.
Per spegnere l’infiammazione è necessaria una dieta antinfiammatoria che deve iniziare con una riduzione del 25-30% delle calorie che vengono assunte con l’alimentazione. La restrizione calorica favorisce la riduzione dell’infiammazione perché riduce la biosintesi delle citochine pro-infiammatorie ed è in grado inoltre di combattere lo stress ossidativo, ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi e stimolare l’autofagia, processo che rinnova e mantiene puliti tessuti e cellule e che sembrerebbe avere positivi effetti anche contro il cancro e l’Alzheimer.
Una dieta antiinfiammatoria si deve basare su cereali integrali, verdure ricche di antiossidanti che hanno una funzione di protezione dell’organismo nei confronti sia dei processi infiammatori sia dei danni prodotti dallo stress ossidativo, spezie come lo zenzero e la curcuma e alimenti ricchi di Omega3 come il salmone, il pesce azzurro e l’olio di oliva extravergine. Cibi da ridurre o evitare sono invece i grassi, sia saturi che idrogenati, gli zuccheri, i latticini, le carni rosse processate e gli alcolici.
L’esercizio fisico ha un ruolo chiave e per ridurre l’infiammazione dovrà essere regolare, senza eccessi ed effettuato prevalentemente al mattino. Anche il digiuno intermittente - vale a dire introdurre un periodo di digiuno da aggiungere alle ore notturne, così da rimanere almeno 14 -16 ore senza cibo - sembra avere una forte valenza antiinfiammatoria, come utilissime sono le tecniche di respirazione e di ossigenazione che favoriscono il rilassamento e la consapevolezza del proprio respiro.
Fondamentale anche ridurre lo stress, che causa nell’organismo uno stato infiammatorio cronico, e favorire il riposo con un sonno regolare e di buona qualità.