medicina
Nuove armi contro le forme più difficili di tumore al seno
Non tutti i tumori al seno sono uguali e se, in generale, la sopravvivenza a 5 anni è pari all’88% ed arriva al 90% se la neoplasia è diagnosticata in stadio precoce, esistono tuttavia alcune forme più difficile da trattare e con una prognosi peggiore. È il caso del tumore al seno triplo negativo o di quelli più aggressivi che presentano particolari mutazioni geniche, come la mutazione del gene Esr o Pik3Ca che favoriscono la crescita delle cellule tumorali. Proprio contro queste forme più difficili, la ricerca oncologica sta facendo passi avanti e gli ultimi risultati raggiunti sono stati presentati al Congresso della American society of clinical oncology (Asco) in corso a Chicago. Risultati che, affermano i ricercatori, potrebbero cambiare il modo attuale di trattare queste pazienti e che evidenziano come sia cruciale effettuare i test genomici per rilevare la presenza di eventuali mutazioni geniche nel tumore.
Il tumore mammario triplo negativo, uno dei più difficili da curare, in Italia colpisce circa 8mila donne ogni anno. I risultati dello studio internazionale di fase 3 Ascent-04/keynote-d19 dimostrano che il trattamento con l'anticorpo farmaco-coniugato sacituzumab govitecan insieme all’immunoterapico pembrolizumab può aiutare le pazienti con tumore del seno triplo negativo non operabile, localmente avanzato o metastatico a vivere più a lungo, senza progressione di malattia, rispetto alla terapia standard (chemioterapia più pembrolizumab), con un rischio di progressione del tumore inferiore del 35%. Un progresso significativo, rilevano i ricercatori, anche considerando che questo tipo di tumore colpisce spesso donne giovani che si trovano nel pieno della loro vita familiare e professionale. Dall’Asco arrivano anche i risultati dello studio Veritac 2 - condotto in 213 centri clinici in 26 paesi - sul tumore della mammella avanzato con mutazioni del gene Esr1: ha dimostrato che la molecola vepdegestrant, prima di una nuova classe di farmaci basati sull'innovativa tecnologia Protac, migliora in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione di malattia con una riduzione del rischio di progressione o morte del 43%.
I risultati sono stati pubblicati oggi sul New England Journal of Medicine. Le pazienti con questo tipo di tumore, positivo al recettore degli estrogeni, hanno limitate opzioni di trattamento se la malattia progredisce e diventa resistente alle terapie endocrine disponibili.
«Questi risultati rappresentano un progresso significativo - afferma Michelino De Laurentiis, uno dei principali autori dello studio -. Per la prima volta, una terapia basata su tecnologia Protac dimostra efficacia clinica: questa nuova affascinante tecnologia farmacologica sfrutta il Proteasoma, una sorta di spazzino naturale delle cellule, costringendolo a distruggere molecole che servono al tumore per crescere, in questo caso il recettore per gli estrogeni. Questo nuovo modo di affrontare il cancro, dunque, funziona ed apre, in prospettiva, ulteriori nuovi scenari terapeutici sia nel tumore al seno, che in altri tumori». Un altro tipo di cancro al seno associato ad una prognosi peggiore è quello avanzato positivo al recettore degli estrogeni e che presenta la mutazione del gene Pik3Ca. Lo studio Inavo120 ha dimostrato che il trattamento con la molecola inavolisib - che inibisce il gene mutato il quale favorisce la proliferazione delle cellule tumorali - in combinazione con le terapie standard migliora la sopravvivenza e ritarda la chemioterapia: il rischio di decesso diminuisce del 33% ad un follow up di 34 mesi rispetto alla terapia standard, mentre l'inizio elle chemioterapia si è reso necessario dopo 35 mesi rispetto a 12 mesi del gruppo sottoposto a terapia standard. Riuscire a ritardare la necessità della chemioterapia, in questo set di tumore metastatico, di circa due anni, concludono gli autori dello studio, «è certamente un risultato molto importante per le pazienti».