PSICOLOGIA

Gestire lo stress: gli ormoni che lo scatenano, i rischi, gli strumenti per misurarlo, le tecniche di rilassamento

Laura Ruggiero

Il cuore che accelera all’improvviso, la pressione che sale, la sudorazione che compare inaspettata. Segnali che tutti abbiamo provato almeno una volta nella vita, magari di fronte a una decisione difficile, a una sfida lavorativa o a un imprevisto inatteso.

La prima reazione è quella di fuggire da queste sensazioni, liberarsene. Eppure, proprio l’ansia e lo stress, spesso demonizzati, hanno garantito la sopravvivenza della nostra specie nei secoli. Un ribaltamento di prospettiva non scontato, al centro della riflessione proposta da Andrea Sgoifo, docente del Dipartimento di Scienze chimiche, della vita e della sostenibilità ambientale, durante l’incontro al ParmaUniverCity Info Point «Stress: impariamo a misurarlo e a fronteggiarlo», appuntamento degli «Aperitivi della conoscenza» organizzati dall’Università di Parma in collaborazione con il Comune.

«Molti di noi – dice Sgoifo – tendono a considerare le emozioni come ostacoli da evitare, ma eliminarle del tutto non solo è impossibile, sarebbe anche dannoso. Le emozioni sono una parte essenziale della nostra esistenza. Invece di evitarle, dobbiamo imparare a riconoscerle e a usarle in modo funzionale. Quando si attiva la risposta di stress, il nostro organismo cambia: il cuore accelera, la pressione aumenta, i vasi dei muscoli e le pupille si dilatano, la digestione si inibisce, vengono mobilitati substrati energetici e aumenta la sudorazione».

Due sono i protagonisti di questo processo: adrenalina e cortisolo. La loro azione, però, segue tempi e modalità differenti. «Di fronte a una situazione di emergenza – prosegue Sgoifo – il nostro organismo attiva due grandi vie di risposta allo stress: il sistema simpatico-midollare del surrene, che in pochi secondi rilascia adrenalina e noradrenalina generando la classica reazione di “lotta o fuga”, e l’asse ipotalamo–ipofisi–corticale del surrene, che attraverso la produzione di cortisolo entra in azione più lentamente ma con effetti più prolungati sull’equilibrio psicofisico».

Lo stress, in sé, è una risposta adattiva. Negli esseri umani, però, questo meccanismo si innesca di continuo, anche in assenza di reali minacce. Capita infatti di attivare la risposta allo stress semplicemente immaginando scenari negativi. «Anticipiamo eventi di stress che nella maggior parte dei casi non si verificano o che comunque non si rivelano così gravi come avevamo immaginato – riflette il docente –. Se la risposta di stress viene ripetuta in modo cronico, diventa logorante per l’organismo. A differenza degli animali, che attivano questa risposta solo per raggiungere un obiettivo concreto e limitato nel tempo, noi esseri umani tendiamo a mantenerla attiva perché anticipiamo evenienze sfortunate».

Un fraintendimento comune è credere che lo stress sia di per sé causa di malattie. In realtà, la scienza mostra una sfumatura più complessa. «Lo stress non causa malattie, ma è un co-fattore di rischio – osserva Sgoifo –. Diventa cioè un acceleratore nell’insorgenza di patologie o nel loro peggioramento, sempre se sono presenti altri fattori predisponenti. In particolare, lo stress incide su disturbi cardiovascolari, gastroenterici, immunitari e metabolici. Può inoltre contribuire a diversi disturbi psicologici, come depressione, ansia, disturbo post-traumatico da stress e schizofrenia».

Per capire quando lo stress smette di essere utile e diventa nocivo, gli scienziati hanno individuato strumenti specifici. Tra i principali ci sono l’heart rate variability e la misurazione del cortisolo salivare. «L’heart rate variability – spiega Sgoifo – è uno strumento non invasivo che fornisce un indice indiretto dell’equilibrio tra le componenti del sistema nervoso autonomo. Valori cronicamente bassi sono associati a una maggiore vulnerabilità a diverse patologie, soprattutto di tipo cardiovascolare. Anche il cortisolo salivare è fondamentale: all’inizio della giornata si registra sempre un picco fisiologico, ma se questo valore è troppo alto o troppo basso si possono osservare condizioni patologiche».

Perché, allora, alcuni sembrano attraversare indenni le difficoltà quotidiane, mentre altri ne risultano schiacciati? La risposta sta nella resilienza individuale e nei diversi stili di reazione allo stress. «In presenza di stress – chiarisce il docente – si possono distinguere due modalità di risposta: una proattiva, tipica delle persone più routinarie, rigide, aggressive, dominanti, orientate al conseguimento degli obiettivi e competitive, e una reattiva, propria di chi è più flessibile, adattabile, indifferente e meno rigido. Nel primo caso prevale una maggiore produzione di adrenalina, mentre nel secondo si osserva un incremento del cortisolo».

Se lo stress non può essere evitato del tutto, può però essere gestito. La chiave è cambiare prospettiva e imparare a trasformarlo in una risorsa. «È fondamentale – conclude Sgoifo – guardare alla risposta allo stress non come a un malessere, ma come a un’arma a disposizione. Esistono molte opzioni non farmacologiche per potenziare la nostra resilienza, dalle proprie contromisure personali, ad esempio alcune persone di fronte allo stress ricorrono a respiri profondi, fino alla meditazione, alla mindfullness, all’aromaterapia, ai massaggi, alla musicoterapia, all’esercizio fisico e alla psicoterapia Emdr, che sta per Eye movement desensitization and reprocessing». Un approccio psicoterapeutico, quest'ultimo, che utilizza movimenti oculari o altre forme di stimolazione bilaterale per aiutare le persone a elaborare ricordi traumatici o eventi stressanti.