SALUTE

Stomaco in fiamme, cause e cure

Raffaella Ilari

Colpiti anche i bambini, specie dai 10 anni. Crescono le malattie infiammatorie croniche intestinali. Fra le cause fattori genetici, infezioni e alimentazione

In Italia ne sono affette circa 250.000 persone con un’incidenza stimata intorno a 10-15 nuovi casi su 100.000 abitanti all’anno. Sono le malattie infiammatorie croniche intestinali, patologie che causano un’infiammazione persistente dei tessuti del tratto digestivo, con un andamento clinico cronico-ricorrente.

Le due patologie più comuni sono la colite ulcerosa ed il Morbo di Crohn. Il picco di incidenza di queste patologie, di cui negli ultimi dieci anni si è registrata una diffusione crescente in tutto il mondo, è, in entrambi i sessi, tra i 15 e i 35 anni, anche se la diagnosi può avvenire a qualsiasi età.

Ne parliamo con Cecilia Carloni e Lucia Quinto, specialiste del reparto di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’Ospedale di Vaio.

«Tra le cause, ancora oggi non completamente chiare - dice Cecilia Carloni - alcuni fattori sembrano giocare un ruolo importante, nell’esordio e nel mantenimento del processo infiammatorio: fattori genetici, un’alterata risposta del sistema immunitario a livello della mucosa intestinale, le infezioni che colpiscono il tratto digestivo, le abitudini alimentari (una dieta ricca di grassi saturi e zuccheri e povera di fibre), il fumo di sigaretta ed il consumo eccessivo di alcuni farmaci, come antibiotici ed anti-infiammatori non-steroidei. I sintomi più comuni, che dipendono dalla gravità e dall’estensione dell’infiammazione, includono dolore addominale, diarrea persistente, sanguinamento rettale, affaticamento, malassorbimento e perdita di peso, ma possono essere presenti anche sintomi articolari, cutanei, oculari. In alcuni casi, le malattie si presentano con manifestazioni di lieve entità, in altri possono causare grave disabilità e condizionare in senso estremamente negativo la qualità di vita del paziente».

L'aumento dei casi in parte può essere spiegato «con il miglioramento delle tecniche diagnostiche che consentono di riconoscere più casi rispetto al passato, ed in parte con le modifiche dello stile di vita - risponde Lucia Quinto - Un ruolo determinante è il cambio nelle abitudini alimentari, con maggior consumo di cibi raffinati a discapito di cibi semplici e ricchi di fibre, così come ad una maggiore sedentarietà, al frequente utilizzo di antibiotici anche nei primi anni di vita e all’incremento delle patologie di tipo allergico ed immunomediato».

La diagnosi è un processo complesso che parte da un colloquio attento con il paziente per riconoscere i sintomi. «Prevede inoltre l’esecuzione di una serie di esami del sangue e delle feci, per valutare la presenza dell’infiammazione ed escludere possibili cause infettive, e soprattutto di esami endoscopici (colonscopia con biopsie e enteroscopia con videocapsula) e di imaging radiologico (risonanza magnetica o TC) per visualizzare in modo corretto l’infiammazione intestinale, la sua estensione ed eventuali complicanze», dice Lucia Quinto.

«Le malattie infiammatorie intestinali - continua Cecilia Carloni - hanno un decorso cronico e ricorrente, caratterizzato da fasi di remissione dei sintomi alternati a fase di riacutizzazione. Una volta impostato il trattamento adeguato, è essenziale che i pazienti si sottopongano a controlli regolari che prevedono una valutazione clinica completa accompagnata dal monitoraggio di alcuni parametri di laboratorio che forniscono informazioni sull’attività di malattia e sullo stato di salute del paziente. Periodicamente, vengono programmate indagini strumentali che permettono di verificare l’andamento della malattia, l’efficacia delle terapie e di monitorare l’eventuale insorgenza di complicanze extra-intestinali».

«Oggi abbiamo a disposizione varie classi di farmaci che agiscono con modalità differenti - aggiunge Lucia Quinto - Questo ci permette di selezionare quelle più adatte per ogni caso. Oltre ai farmaci tradizionali (aminosalicilati, corticosteroidi, immunosoppressori classici), abbiamo a disposizione terapie più avanzate come i farmaci biologici, alla cui categoria appartengono gli anticorpi monoclonali e le micromolecole che agiscono in modo più selettivo e mirato. Questo nuovo approccio terapeutico consente maggiore efficacia, alta tollerabilità dei trattamenti e permette una gestione più personalizzata della patologia infiammatoria».