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La ricercatrice De Filippis: «Il governo? Investa di più in ricerca»

Katia Golini

La giovane (e pluripremiata) matematica: «In un momento storico in cui molti giovani emigrano, la storia di chi come me decide di tornare in Italia colpisce e può essere d'esempio»

Eletta nella corte iniziale, di sole 30 persone in tutta Europa, della European Mathematical Society Young Academy, Cristiana De Filippis, ricercatrice di Analisi matematica dell'Università di Parma, continua a tenere alta la bandiera dell'Ateneo.

La studiosa, nata nel 1992 a Matera, in tasca un dottorato di ricerca in Matematica a Oxford nel 2020, un G-Research Prize in Gran Bretagna nel 2019, il Premio Iapichino dell’Accademia dei Lincei nel 2020, è oggi secondo la banca dati dell'American Mathematical Society la persona più citata al mondo tra i matematici e le matematiche dell'anno di dottorato 2020.

Cristiana De Filippis è stata protagonista nei giorni scorsi di un ultimo evento di portata internazionale. L'Indian Institute for Science Education and Research, istituzione d'eccellenza, le ha dedicato la giornata del 12 maggio. Una data significativa destinata alla celebrazione del lavoro delle donne in Matematica, scelta in riferimento al compleanno di Maryam Mirzakhani, prima donna a vincere la Fields Medal, prematuramente scomparsa nel 2017 a soli 40 anni. Inoltre l'Università di Udine l'ha scelta come testimonial per promuovere le iscrizioni delle future matricole, ragazzi e soprattutto ragazze.

Com'è andata?

Bene. Sono venuti a sentire molti matematici che si sono interessati sia ai miei risultati, che alle mie vicissitudini di ricercatrice.

In questi mesi ha ricevuto un'attenzione mediatica senza precedenti. Tra l'altro, una bella occasione di visibilità per l'Ateneo di Parma, da cosa è dipeso, secondo lei?

Credo che in questo momento storico, che ha visto emigrare tantissimi giovani qualificati negli ultimi anni, e specialmente tanti ricercatori, l'idea di una persona che decide di tornare, colpisca. Si tratta di un messaggio positivo e in controtendenza perché davvero questo paese ha fatto e fa di tutto per non tenere i giovani in adeguata considerazione. In Italia si rimane sempre giovani, sino a poco prima della pensione. Per dirne una, chi diventa professore a 40 anni viene considerato in anticipo sui tempi, mentre all'estero non è così.

Qual è l'importanza della sua materia, l'Analisi matematica. In particolare, a cosa servono le equazioni differenziali?

Intervengono in quasi tutti i modelli in cui si usa la matematica per descrivere fenomeni fisici. Prima si studia il fenomeno dal punto di vista qualitativo. Per esempio: se in una pandemia introduco l'uso dei vaccini so che i contagi diminuiscono. Poi però voglio anche sapere di quanto diminuiscono e allora servono le equazioni differenziali per quantificare.

Si possono spiegare in termini semplici gli ambiti di applicazione?

Sono ovunque. Dal volo degli aerei alle configurazioni di equilibrio dei materiali, dall'andamento dei mercati finanziari all'evoluzione di sistemi biologici complessi. Alla base ci sono sempre modelli con equazioni differenziali.

Da Oxford all'Università di Parma. Come è avvenuta la scelta?

In modo abbastanza naturale. A Oxford ho studiato col professor Kristensen, oggi direttore del dipartimento, che mi ha proposto alcune tematiche di regolarità, un settore molto sviluppato dal gruppo di Analisi di Parma. Di fatto le pubblicazioni scritte a Parma sono molto lette, studiate e sviluppate dai ricercatori di Oxford e sono diventate anche il mio oggetto di studio. Quando ho finito il dottorato è accaduto tutto rapidamente. Avevo subito accettato una borsa presso l'Università di Torino, attratta dalla possibilità di interagire con la professoressa Susanna Terracini, una delle massime esperte mondiali di meccanica celeste. Nel frattempo sono cominciate ad arrivare varie offerte da università europee e statunitensi, alcune delle quali erano molto allettanti, soprattutto in termini di fondi e retribuzioni. Si era intanto aperta una posizione proprio a Parma. Allora ho deciso di fare domanda e mi hanno presa. Oggi sono contenta perché nel gruppo di Parma si lavora bene, ci sono esperti di grande profilo internazionale con pubblicazioni citatissime. Inoltre il nostro gruppo è molto noto. Riceve continuamente la visita sia di giovani ricercatori che vengono a loro spese da ogni parte del mondo per imparare, che di noti esperti del settore. Per dirne una, in questi giorni è qui per quasi un mese Tuomo Kuusi, uno dei maggiori matematici finlandesi. Tuomo, un visitatore abituale per Parma, è professore ordinario all'Università di Helsinki, presidente della Società Matematica Finlandese e membro della Finnish Academy of Science and Letters. Questa visibilità internazionale, queste possibilità di interazione, sono motivo di attrazione per un giovane ricercatore.

Dato per assodato che in molte università la qualità della ricerca è alta, l'Italia investe abbastanza?

No, gli investimenti in ricerca di base sono ridicoli. Per la matematica poi sono quasi inesistenti e la cosa è particolarmente grave, perché si tratta probabilmente della disciplina scientifica più fondamentale. Anche questa pioggia di soldi legata al Pnrr lascia perplessi. Non di rado si tratta di fondi per posizioni da ricercatore temporanee e non strutturali. Sono spesso pagate non benissimo e in campi che non sono molto sviluppati in Italia; i professionisti sanno che la ricerca non si improvvisa da un giorno all'altro. Si dovrebbe invece pensare a investimenti costanti e strutturali e soprattutto a contenere l'emigrazione di forza lavoro qualificata.

Cosa dovrebbe fare il governo per dimostrare attenzione vera verso voi ricercatori?

Aumentare finanziamenti, legare la distribuzione delle posizioni alla produttività, migliorare le retribuzioni di professori e ricercatori. Molti vanno via perché attratti da tutte queste cose e in particolare da retribuzioni che possono superare varie volte quelle italiane nel caso dei migliori, ma che comunque sono in media sempre più alte. Serve meno burocrazia. In questo, devono impegnarsi di più anche le università, che secondo me ci mettono del loro a peggiorare la situazione. Inoltre, all'estero, chi fa bene, viene alleggerito dagli impegni organizzativi e soprattutto didattici, mentre qui invece non si tiene in conto adeguatamente della qualità, anche nella distribuzione delle risorse per il reclutamento.