Mondo piccolo
Quel no di Guareschi a Sophia: «Troppo bella, meglio Claude»
Per «Don Camillo e l’onorevole Peppone» preferì la Sylvain alla Loren
Ha compiuto novant’anni Sophia Loren che, quasi settant’anni fa, all’epoca della redazione della sceneggiatura per il film «Don Camillo e l’onorevole Peppone» di anni ne aveva venti o poco più.
Cosa c’entra la Loren con don Camillo e il terzo film della serie ispirata al «Mondo piccolo» di Guareschi? C’entra eccome, perché sul finire del 1954, dopo che il regista Carmine Gallone ha analizzato il «trattamento» del film, propone agli sceneggiatori di inserire una figura femminile: «[…] un bel pezzo di ragazza (diciamo indicativamente Sophia Loren) piomba a Brescello, cacciata da Milano dalla Questura. Era una del paese, ma allora non era così “bbona”…».
Ma Giovannino, ovviamente non solo su questo punto, non ci sta e scrive al commendator Rizzoli. «[…] Non permetterò mai che la vicenda si trasformi in una farsa grossolana con don Camillo in mutande (scena che però verrà utilizzata nel quarto film ndr.) […] e con Sophia Loren che va a Brescello a mostrare le sue gambe (Guareschi di seguito ha aggiunto “pregevoli” ndr.) a Peppone».
Ora, occorre tenere presente che per Giovannino Sophia Loren era qualcosa di più che una pur bellissima e bravissima attrice: a chi gli chiedeva quali fossero le tre donne più belle del mondo, Guareschi rispondeva «Sophia Loren di fronte, Sophia Loren di profilo e Sophia Loren di spalle».
Così, tramite Alessandro Minardi, Guareschi riesce a convincere regista e produttore a cambiare l’attrice. La scelta cadrà su Claude Sylvain, più vicina a quanto desiderava l’autore e decisamente diversa dalla Loren. Peccato che l’attrice sia francese… Sta di fatto, però, che la giovane Claude fatichi poco ad affascinare tutti, sul set. Alessandro Minardi scrive a Giovannino: «A Brescello sono tutti caricatissimi; la lavorazione procede bene e con grandissima cura da parte di tutti. Con i tuoi ultimi ritocchi tutto è a posto. Abbiamo assistito al “si gira” della scena del pollaio. Fernandel è sempre perfetto. C’è un “Ful” (il cane di don Camillo ndr.) che è una semplice cannonata, “Lassie” può andare a nascondersi... La “Cleonilde” non ti dico! Bella, giovane, nostrana, simpatica».
Una scelta, alla fin fine, guareschiana, come racconta Alberto Guareschi nel suo «Caro Nino ti scrivo. Giovannino Guareschi in carcere»: «In effetti la produzione, scegliendo l’attrice francese Claude Sylvain, ha tenuto conto delle precise “indicazioni” di mio padre sulla scelta dell’interprete: “Mi raccomando la Cleonilde [ogni riferimento a Nilde Jotti è puramente voluto ma nel film, prudentemente, il nome verrà cambiato in Clotilde]. Non deve essere né sofisticata né una donna fatale. Deve essere un tipo emiliano, belloccia, decisamente formosa, non contadina, ma semplice e piena di naturale vivacità. Badare che la Cleonilde è importante. E la bellezza, per conto mio, è soprattutto questione di ‘quantità’...”. A questo punto viene in chiaro la faccenda del famoso “mobiletto impiallacciato in nero” che mio padre, in una sua lettera alla ‘Vedova Provvisoria’ (così Guareschi chiamava affettuosamente la moglie Ennia-Margherita nelle lettere dal carcere), suggerisce di inserire nell’arredamento della sua nuova camera da letto delle Roncole: “La camera è stupenda. Unico difetto è il comodino: un comodino solo guasta l’armonia: io lascerei il comodino così come sta e dall’altra parte - per fare ‘pendant’ - metterei il tipo di mobiletto di cui ti mando la fotografia: (il primo, quello impiallacciato in nero). Non dovrebbe stare male. Comunque vedi tu. E, nella busta infila una foto di scena di Claude Sylvain fasciata in un aderente abito nero... (nella foto). Mia madre sta allo scherzo, ma non troppo, e non molla l’osso ricordando, en passant, il famoso ‘mobiletto impiallacciato di nero’ in almeno quattro lettere».
Ecco la prima, del 10 maggio 1955: «Sono contenta che la tua stanzetta sia di tuo gradimento. Se credi che un comodino sia poco ti porto immediatamente l’altro gemello perché il paralume nero di cui ho qui il campione dovrà passare sul corpo della Contessa, caro il mio bel fico!».
E la seconda, del 17 maggio, dopo una visita a Brescello: «Quando sono andata al caffè dove andavamo noi al ristorante, si è sparsa la voce che la moglie di Guareschi era in piazza; sono stata circondata da moltissime persone, mi sentivo molto Lollobrigida, mi sono commossa e ho pensato a te, chissà. Ho visto il tuo comodino alla luce del sole, è veramente una bella figliola».
Spiritoso e brillante nel sottinteso Giovannino, ma altrettanto arguta e pungente Margherita nelle sue lettere. Il «mobiletto impiallacciato di nero», poi, come nel film, se ne tornerà alla base, come farà il «libero vigilato» Guareschi che da San Francesco a Parma tornerà alle Roncole...