la gazza ladra
Quell'incontro con Re Giorgio. Quando Armani mi disse: “Se vuole vestirsi un po' meglio passi da me”
Domani i funerali in forma privata di Giorgio Armani, per espressa volontà dello stesso, dopo la camera ardente allestita nel teatro milanese che porta il suo nome, aperta fino alle 18.. Lutto cittadino, oltre a Milano, anche a Piacenza, sua città di nascita. Un clima generale di cordoglio, diffuso in tutto il mondo e su vari livelli, dalle star del cinema a quelle della moda, da politici a sportivi, tutti concordi nel celebrare il talento, lo stile, la forte capacità dell’impegno personale, un visionario che ha reso possibile le innumerevoli declinazioni del marchio Armani, tra accessori, arredamenti, ristorazione alberghi in un’infinita serie di variazioni, quell’impero, non casualmente la definizione, perfetta, di Re Giorgio. Nella miriade di commenti, tra volti celebri di casa nostra e nomi di fama mondiale, un esercito di persone che ha espresso, senza esitazione alcuna, il personale rapporto con il Signor Armani, chi mostrando una foto con lo stilista chi lamentando quanto la sua scomparsa lasci un vuoto difficilmente colmabile. Di fronte al comprensibile «peana», meritatissimo, solo una leggerissima velatura, sul carattere ruvido e sulla riservatezza, una privacy difesa strenuamente, e, una poca propensione al leggero, al sorriso. Allora mi pare consono offrire un contributo personale, anche se può apparire come un incontro ai «confini della realtà», perché anche io ho incrociato Armani, ma a favorire il meeting è stato il lavoro.
Fine anni ‘90 dello scorso secolo, mi trovo in giro, con una troupe di Canale 5, per realizzare un servizio, la trasmissione aveva il titolo di «Target» ed io giravo per Milano su una decapottabile da vera star, a carpire, sempre ce ne fossero, i segreti della notte. In quegli anni la «movida» aveva come scenario una via, Corso Como, sulla quale si affacciava un disco club dal nome «Hollywood», con una clientela di modelle, calciatori, yuppie, soubrette, giocatori di basket, politici vari. Ottenuto il pass per entrare, mi viene detto di non fare riprese nel «privée» , per via di un gruppo di clienti che voleva star tranquillo, ma per quanto m’impegnassi nello «scomparire» dentro le poche luci della disco, mi si notava comunque, abito sfavillante, lustrini, paillettes e boa e cameraman che mi aiutava puntandomi addosso un faro di quelli da interrogatorio in pretura quando sento salire dal famoso privée un coro di risate e la richiesta, in lingue differenti , di fare una sosta tra loro…Il «trascinatore» è uno stangone, un viso familiare ma non riuscivo a dargli un’identità: pochi secondi e un altro avventore del locale, si alza e «spiega», in inglese, che ero una «drag queen» televisiva, sbrigando la questione in velocità, concludendo la sua uscita con un «simpatico» invito: «Se si vuole vestire un po’ meglio passi da me» ed era proprio il Sig. Armani, e dopo quel mezzo secondo d’imbarazzo gli risposi «Grazie ma non sono una Donna in carriera» (alludendo al film con Sigourney Weaver, i cui vestiti di scena erano firmati Armani) e tutto finì lì, io mi portai via quel minuto di servizietto televisivo, e qualcuno poi mi spiegò che lo stallone-stangone era un famoso attore americano, Jeff Goldblum, il protagonista di «Jurassic Park» (ecco perché mi sembrava uno che conoscevo…): io, smargiassa da rione, dal Sig.Armani non ci andai mai, anche per non essere cacciato come molestatore indesiderato. Massimo rispetto per il suo stile, il suo mondo, che evidentemente mi era però assai lontano: chi nasce periferico è difficile che senta il bisogno dell’essenziale, l’abitudine al superfluo, che è anche il peso che si porta, è difficile da allontanare…
Buona Domenica