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Alla scoperta dell'Arabia Saudita, deserto e mare: tra grattacieli e antichi miraggi
E' inutile girarci intorno: quando dici Arabia Saudita (www.visitsaudi.com/en) pensi al deserto. E tutto il resto arriva dopo. D'altra parte proprio in questi giorni i bolidi della Dakar stanno volando sulle dune del Rub Al Khali, il secondo deserto più grande al mondo. Per capire di cosa stiamo parlando basta pensare al nome: letteralmente significa il «Quarto vuoto» e racconta, senza troppi giri di parole, come la pensano i suoi rari abitanti. Ci sono i tre elementi fondamentali: il cielo, la terra e il mare e poi, appunto, il quarto. Ovvero questo: il deserto, la sabbia. Per noi gente di terra verde: il nulla.
Ecco perché quando si pensa all'Arabia Saudita si pensa al deserto. Eppure c'è molto di più. E da qualche tempo che ci sia altro lo stanno scoprendo in tanti. La terra simbolo dell'Islam, che fino a non molto tempo fa era un paese chiuso, schivo, da qualche anno si è aperto al turismo. E lo ha fatto come si usa da queste parti: senza mezze misure.
Le autorità locali si erano date un obiettivo: 100 milioni di turisti entro il 2030. Il risultato è stato raggiunto con ben 7 anni di anticipo. E se è vero che la gran parte dei viaggiatori vengono dai paesi arabi è anche vero che oltre 4 milioni e mezzo di persone sono arrivate qui partendo da Europa e Stati Uniti. E sono bene accette anche le donne sole.
Un paradosso? Può darsi, almeno secondo il luogo comune. Ma da queste parti il mondo cambia molto velocemente – pensate solo a cosa diventati gli Emirati in pochi anni – ed ecco perché la gente da mezzo mondo corre per andare a scoprire Riyad, la capitale. É la città più grande e questo, visto il blasone, ci sta: meno prevedibile che il suo nome significhi «giardini», ovvero una oasi in mezzo al solito deserto. Adesso ospita oltre sette milioni di abitanti, il suo viale principale è una sorta di boulevard di fierezza nazionale e qui i grattacieli sfidano la gravità in una specie di palmeto di ferro e cemento che punta al cielo. Ma ci sono anche 4300 moschee e a pochi chilometri di distanza si trovano uno uno dei più grandi mercati di cammelli del Medio Oriente e le rovine di Dir’ayah, la prima città del regno, fondata nel 1446. Qui già nel Settecento, c'era una capitale.
Per carità: stiamo parlando della culla dell'Islam e quindi ci sono ancora luoghi come La Mecca e Medina dove ci sono regole particolari per i non-musulmani. Ma c'è davvero tanto che, invece, è aperto e, anzi, vuole mostrarsi. E anche se il deserto, lo ripetiamo, è l'icona del paese, l'altra attrazione è ben diversa: è un mare ma d'acqua trasparente. E piena di colori.
Già, perché forse ancora pochi lo ricordano ma il Mar Rosso è uno dei confini dell'Arabia Saudita, la spiaggia al suo deserto. E Jeddah ne è la porta. Qui si mescolano le modernità – i grattacieli sono una delle passioni locali – con i retaggi del passato: ci sono le spiagge, zone storiche e soprattutto il quartiere di Al Balad. Se l'Unesco lo ha inserito tra i patrimoni dell'Umanità lo si deve alla sua atmosfera unica: è una specie di labirinto di vicoli e palazzi fatti di pietra di corallo che sta tornando ad un antico splendore, tra vecchie moschee e dimore sontuose: il fiore all'occhiello sono i balconi chiusi intarsiati in legno. Il nome è ostico: mashrabiyya. Ma sono una meraviglia.
Questa città si colloca al centro del Mar Rosso ed è il punto giusto per godersi il mare ricordando che stanno sorgendo una serie di resort – ovviamente di lusso - che però possono contare su una costa incontaminata: ci sono ancora 1.000 isole disabitate, 500 siti di immersione, 1.200 specie ittiche, 300 specie di coralli. Scoprire come era il mondo prima del boom del turismo è ancora possibile. La cosa interessante è che oltre il blu, come detto prima, c'è anche altro. Scendendo verso sud si possono scoprire le isole Farasan, dove si naviga tra le mangrovie e le acque non conoscono inquinamento e volendo si può andare anche verso l'interno dove si innalzano le montagne Fifa. In confronto alle Alpi sono basse: ma comunque arrivano a 1800 metri.
Oppure per gli appassionati di immersioni c'è la costa di Jazan. I fondali sono ancora pieni di colori e una volta a terra si va a visitare il castello di Al Dosariyah: è una reliquia militare anni '30. La storia sembra avere messo il rallentatore.
Con una avvertenza: se si vuole venire da queste parti occorre farlo ora. L'estate è meglio evitarla. Nei mesi caldi, qui, si superano i 50 gradi e il giorno è per noi impossibile da affrontare. Eppure, nel cuore del «Quarto vuoto», c'è una perla che merita il viaggio: la città perduta di Ubar, fondata 3000 anni prima di Cristo, era una sosta per le carovane di incenso e dal 1992 è stata riscoperta. Per millenni è stata sepolta dalle sabbie e nasconde nel sottosuolo delle grotte dove c'è acqua. E, ancora, ci sono le torri e i palazzi. Intorno il deserto e molta sorpresa. Lawrence d'Arabia ne parla: la chiama «L'Atlantide del deserto». Il mare può avere diverse forme: qui, evidentemente, può essere sia d'acqua sia di sabbia.
IDEE
Come arrivare
L’Arabia Saudita (www.visitsaudi.com/en) è collegata all’Italia da voli diretti settimanali, in partenza dai principali aeroporti italiani. Le compagnie aeree che operano su queste rotte sono Saudia Airlines, Wizz Air e ITA Airways, che ha lanciato quest’anno i collegamenti diretti per Riyadh e Jeddah. Per accedere all’Arabia Saudita dall’Italia, serve ovviamente il passaporto e un visto, che si può richiedere direttamente online con anticipo oppure una volta arrivati a destinazione in aeroporto.