Valentino Sani
Con un pellegrinaggio alla chiesa di Ravadese, nello stesso giorno in cui venne alla luce, i Saveriani e le Saveriane di Parma ricordano la nascita del loro fondatore, il santo vescovo Guido Maria Conforti, nato proprio il 30 marzo di 150 anni fa.
In quel giorno, dunque «nasceva al mondo un sole», per dirla con Dante quando esalta Francesco d’Assisi, e il confronto non sembri così forzato e fuorviante, poiché Guido M. Conforti fu indubbiamente luce abbagliante per la Chiesa e la città di Parma, non solo, ma anche per la Chiesa italiana del 20° secolo, di cui fu uno dei vescovi più insigni, quanto per l’intera umanità se pensiamo alla grandezza dell’uomo in ambito missionario e alla santità della sua vita.
I suoi figli, dal 1895, anno in cui Conforti fondò l’Istituto missionario, a centinaia partirono dalla nostra città verso la Cina inizialmente, poi per diverse nazioni dei vari continenti, dove ancora oggi diffondono la buona notizia del Vangelo e da dove provengono frutti rigogliosi nella sequela della stessa missione.
Le celebrazioni di questa fausta ricorrenza si susseguiranno lungo il corrente anno ed avranno il culmine nel novembre prossimo, mese in cui il calendario liturgico celebra la memoria di Guido Maria Conforti, dal 23 ottobre 2011 proclamato santo della Chiesa universale. Ma per rievocare convenientemente l’attuale ricorrenza, un primo evento riguarda la pubblicazione di due volumi: l’uno di carattere biografico, consistente nella edizione postuma del dattiloscritto del saveriano padre Silvestro Volta, redatto nel 1943, «La vita di G. M. Conforti»; l’altro, ponderoso quanto incommensurabile nel contenuto, dedicato alla «Storia della famiglia Conforti», realizzato dal pronipote Paolo in collaborazione con il Centro Studi Confortiani Saveriani.
Quel «sole», dunque, venne alla luce nella vasta corte di Casalora di Ravadese, in mezzo alla pianura, tra campi ancor oggi formati e tirati a perfezione dal lavoro di secoli, ricchi per altro di acque e di alberi, che rendono così inconfondibile quel paesaggio, non poi così diverso da 150 anni fa. Una lapide tuttora esistente sulla facciata della grande casa, ricorda appunto che «il 30 marzo 1865 da Rinaldo e da Antonia Adorni nacque Guido Maria Conforti e vi trascorse l’infanzia». Ottavo di dieci figli, Guido fu battezzato, come detto, nello stesso giorno al fonte battesimale della parrocchia di Ravadese, divenuto così «Fonte felice dalle cui acque Guido Maria rinacque ad Deum», come riposta la lapide posta lì accanto. La posero e la scrissero i suoi compaesani, altamente consci di questa loro gloria, orgogliosi per aver donato a Parma e al mondo colui che può oggi ben definirsi «il più parmigiano tra i santi e il più santo tra i parmigiani».
Tutti i sacrifici compiuti in famiglia per dargli una buona educazione, miravano ad un traguardo che era piuttosto il sogno del padre: farne un bravo amministratore della propria azienda. Tuttavia, frequentando le elementari in città presso i Fratelli delle Scuole Cristiane in borgo delle Colonne, iniziano le prime «divine imboscate». Andando a scuola, il bambino soleva sostare davanti ad un grande crocifisso, situato nell’Oratorio della Pace, di fronte alle scuole. Ci fu da subito un’intesa profonda tra Guido e quel crocifisso: «Io lo guardavo e lui guardava me e pareva che mi dicesse tante cose» ricorderà l’adulto Conforti divenuto vescovo. Era l’inizio della sua vocazione, nonostante papà Rinaldo avesse sempre in mente gli altri progetti. Cosicché, quando in casa Conforti si parlò di seminario, papà Rinaldo tentò di opporsi con forza, ma il piccolo Guido, nei suoi undici anni, certamente irrobustito dai colloqui con il crocifisso, si mostrò irremovibile. Nel 1876 entra così in seminario, per compiervi con lode tutti gli studi, avendo come rettore mons. Andrea Ferrari, altra fulgida stella della Chiesa parmense nonché italiana.
Intanto, la lettura della vita del grande gesuita Francesco Saverio, trasforma la vocazione dell’adolescente Guido in un preciso progetto: divenire missionario e puntare sulla Cina, l’immenso paese alle cui porte era morto quel grande apostolo dell’Estremo Oriente. Guido Conforti voleva riprendere così la sua opera, là dove era stata interrotta.
Ma contro quell’aspirazione, sembrava insorgere, ora come una muraglia invalicabile, la difficoltà della salute troppo precaria. Guido Maria reagì col realismo dei santi: quello che non poteva fare lui, l’avrebbero potuto fare altri sotto la sua guida. A trent’anni fondò così, nella nostra città, la Pia Società di san Francesco Saverio, i futuri Saveriani: era il 3 dicembre 1895. Un progetto bello quanto arduo, che suscitava curiosità ed anche scetticismo, eppure mons. Conforti scriveva a Roma al Prefetto di Propaganda Fide: “Sacrificherò tutto me stesso, le mie sostanze e quanto sarà in mia mano” per questo ideale.
Ma, come fulmine a ciel sereno, ecco una svolta assolutamente imprevedibile nella sua vita sacerdotale, la nomina a soli 37 anni ad arcivescovo di Ravenna: un nome altisonante, illustrissimo ancora a quei tempi, ma cristianamente parlando, una vigna desolata. Papa Leone XIII così gli dice: “So che volevate andare in Cina: Ravenna è la Cina d’Italia”. Saranno 22 mesi di patimento. Stroncato da straspazzi e distrutto da una serie di frequenti sbocchi di sangue, mons. Conforti dopo soli due anni è costretto a rinunciare a quella sede, tornando così a Parma, proteso ora unicamente alla cura ed alla guida dei suoi “aquilotti”, nella nuova grande sede da lui costruita in fondo al Campo Marte.
Tuttavia, i piani divini erano ancora una volta diversi. Nel settembre 1907 papa Pio X lo nomina coadiutore dell’anziano vescovo di Parma, Francesco Magani, al quale succede nel giro di due mesi, per la repentina scomparsa di quest’ultimo. Conforti si trova così Pastore a tempo pieno di due greggi: la Diocesi ed il suo Istituto missionario; caso unico nella recente storia religiosa d’Italia. Curò la sua diocesi con tutte le forze per circa 25 anni, ma sempre guardando oltre i suoi confini, perseguendo così “con unità fraterna di spirito e di intendimento alla struttura dell’unum ovile che a Parma doveva divenire simbolo e segno delle sollecitudini ansiose della Chiesa universale”, come si esprimeva il cardinale Angelo Roncalli nel nostro Teatro Regio, commemorando il 25° della morte.
Di questo pastore - che ancora Roncalli definiva “eminente nella compiutezza del servizio sacro” - Parma ha esperimentato lo zelo, ha conosciuto le fatiche, ha incontrato quotidianamente il suo cuore di padre, di fratello, di buon samaritano, nei primi trenta anni del secolo scorso, che lo videro zelante vescovo della città. La sua paternità, a Parma da tutti conosciuta, si è espressa in tanti gesti e parole con una amabilità, tale da conquistare tutti i cuori. Analogo atteggiamento di zelo apostolico, mons. Conforti lo espresse nei confronti dell’intero clero italiano, che animò e stimolò alla sensibilità dell’annuncio evangelico, presiedendo per dieci anni l’Unione Missionaria del Clero, l’associazione nata qui a Parma nel 1916.
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