LAURA FRUGONI
Qualcuno penserà: i soliti giornalisti che vogliono lo scoop a tutti i costi, sberloni e parolacce sono sempre volati nel calcio «green». Lo pensa anche il questore, oppure quest'escalation di risse sta diventando preoccupante?
«Il fenomeno della violenza nei campi minori è sempre stato presente - riflette Gaetano Bonaccorso - ma senz'altro è in crescita. Ultimamente si è registrato un aumento degli episodi».
L'impressione è che sia comunque la punta dell'iceberg: spesso si preferisce star zitti. Per diplomazia, vergogna. Meglio non aver grane.
«Questo dipende dalla sensibilità di tutti gli attori. Affinché gli episodi emergano - cosa importantissima perché soltanto così si può operare con interventi sanzionatori e culturali - è necessario che tutti facciano la loro parte. Il 4 agosto 2017 è stato firmato un protocollo tra i ministeri dell'Interno e dello Sport, Fgic e Coni che si pone come obiettivo una gestione delle manifestazioni sportive completamente innovativa. Prima era affidata in toto alle forze di polizia, mentre in questa nuova prospettiva si è voluto esprimere maggior fiducia negli altri attori, dagli arbitri, allenatori, società e spettatori. Non dimentichiamo che stiamo parlando di calcio giovanile: partite che, sotto il profilo dell'ordine pubblico sono a rischio zero. Spesso l'incidente deriva da un episodio estemporaneo. E a quel punto è estremamente importante che ci sia un'informazione puntuale e corretta su quanto è successo».
C'è omertà nel calcio giovanile?
«Più che omertà direi impreparazione. Spesso anche l'arbitro di questi incontri è un ragazzo di 16 anni alle sue prime esperienze arbitrali. E non sa bene come muoversi, magari compila un referto incompleto. Su questo punto stiamo lavorando: la prefettura ha organizzato riunioni anche con i responsabili degli arbitri, per far comprendere meglio i meccanismi di comunicazione che consentano di dare risposte a questi fenomeni».
Si invoca il Daspo come punizione esemplare anche per i genitori esagitati. Tra l'altro proprio a Piacenza sta succedendo.
«Il Daspo è applicabile a tutti, anche ai giocatori. Tutti quelli che commettono atti di violenza possono essere soggetti al provvedimento di Daspo, che è molto importante. Ovviamente, essendo un provvedimento amministrativo, ha dei tempi che non sono proprio immediati. Ma funziona. La patologia va curata con gli strumenti che ci sono: sia che siano previsti dal codice penale sia quelli studiati appositamente per le manifestazioni sportive, primo tra tutti il Daspo. E poi ovviamente bisogna parlare di sensibilizzazione: io ho due figli che non sono mai andati a fare sport per vincere. Se il genitore ha pretese finisce per stressare il ragazzo, che non impara a perdere».
I più colpevoli restano gli adulti.
«Senza dubbio. E la violenza deriva sempre da un problema di disagio individuale.
Un consiglio agli arbitri?
«L'arbitro deve sapere che non è mai solo. La tempestività della segnalazione è importante. L'arbitro o i giocatori devono chiedere aiuto alle forze dell'ordine non solo quando hanno bisogno di essere difesi. La segnalazione va fatta anche a episodio concluso e questo non sempre accade».
E' giusto non lasciar perdere di fronte a un insulto razzista?
«Assolutamente sì. Le forze di polizia non servono solo a difendere ma anche a reprimere. Un insulto razzista è comunque un fatto penalmente rilevante, che esprime violenza. Perciò occorre che la forza di polizia sia interessata e questo accade ancora troppo poco. La prospettiva deve cambiare. Si chiede agli uomini di sport di difendere quel mondo e i suoi valori».
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