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We Will Rock You: la Queen revolution raccontata dall'ideatore dello show

We Will Rock You: la Queen revolution raccontata dall'ideatore  dello show

08 Aprile 2019, 13:55

PIERANGELO PETTENATI

Giovedì, al Teatro Regio, arriva il musical «We Will Rock You«, ispirato alle canzoni dei Queen. Basata sull’originale scritta nel 2002 da Ben Elton con Brian May e Roger Taylor dei Queen, è una produzione nuova ed originale realizzata per l’Italia da Barley Arts: nuove scenografie, nuove coreografie, nuovo cast e una trama riveduta e agganciata all’attualità. Ne abbiamo parlato con Claudio Trotta, fondatore di Barley Arts e artefice in prima persona (insieme a Michela Beslini e Valentina Ferrari) dell’intero allestimento.

L’inizio della progettazione di questo musical risale all’inizio del 2018, ma è arrivata nei teatri in un momento in cui la Queen mania è riesplosa ovunque…

«Ci sono alcuni artisti che hanno scritto o interpretato canzoni, opere e spettacoli passate attraverso l’interesse di generazioni diverse e che, per una sorta di applicazione dell’idea di Giambattista Vico dei corsi e dei ricorsi, periodicamente vengono riscoperti anche se in realtà sono sempre stati lì. Nella storia è successo ai Beatles, ai Rolling Stones, a Springsteen, a McCartney; ora tocca ai Queen».

Quanto ha influito «Bohemian Rapsody?»

«Il film è un piccolo capolavoro di emozioni, armonia, affetto, bellezza, sentimenti, esaltazione dell’amicizia; tutte cose che appartengono alla nostra dimensione rock. In un’epoca come la nostra, dove tutti siamo schiacciati e uniformati dalla rete, dai telefonini, dall’omologazione culturale in corso ormai da troppo tempo, un film così è una boccata d’aria, è un veicolo di liberazione di sentimenti e di modalità che tutti abbiamo; parafrasando i Perigeo di “Abbiamo tutti un blues da perdere”, ho detto a proposito del musical, del film e della musica dei Queen, che abbiamo tutti un rock da vivere. Solo che molti se lo sono dimenticati e non lo sanno. Il rock, inteso come cultura, è libertà e ribellione alla condizione in cui si è; è carnevale, è rovesciamento, è amore, è passione. Non è plastica».

Quali sono le peculiarità di questo musical?

«Lo spettacolo appartiene alla categoria dei musical, ma ne è a grande distanza per le modalità. C’è profondità, c’è comunicazione, c’è linguaggio, c’è attenzione alla narrazione, c’è attenzione alla prosa, alla recitazione e alla profondità dei personaggi. Le canzoni dei Queen, interpretate dal nostro cast e suonate dai nostri musicisti, sono un melange che non ti permette di stare fermo. E infatti, dai bambini di 5 agli ultrasettantenni reagiscono allo stesso modo: partecipano, cantano, battono le mani, si alzano».

Quali sono le principali differenze con la precedente edizione, che in Italia avevate portato 10 anni fa?

«Abbiamo fatto un grande lavoro di implementazione, adattamento e aggiornamento della trama. Nel 2002 non c’era il dominio dei telefonini e della rete e le multinazionali dell’intrattenimento non erano così forti; la vicenda è ambientata tra 300 anni in un mondo che non è più la Terra, diventata un enorme centro commerciale dove tutti sono diventati consumatori acritici e non persone con una propria identità. I protagonisti sono due ragazzi bullizzati che, per distinguersi dai coetanei omologati al sistema, per essere sé stessi diventano ribelli e liberano il mondo dalla mancanza di personalità e ridanno la libertà di pensiero. Una vicenda assolutamente attuale».

Parma è l’ultima data di questa tournée prima della ripresa del prossimo autunno. Qual è, finora, il bilancio?

«Dal punto di vista dei numeri, con 65.000 presenze è assolutamente positivo. Ma soprattutto è positivo per le emozioni, le sensazioni e le vibrazioni che abbiamo vissuto noi che lo abbiamo prodotto, ha vissuto chi lo suona, lo canta, lo balla, lo costruisce, lo monta ogni giorno nei teatri, e il pubblico che se lo è goduto e partecipato. Uno spettacolo rock che fa questi numeri è un segnale che forse sta cominciando una rivoluzione rock. È nell’aria, bisogna solo trasformare gli spifferi in venti impetuosi».

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