FRANCESCO BANDINI
La crisi del commercio al dettaglio non è certo una novità, tanto meno a Parma, dove intere strade sono a rischio desertificazione per le continue chiusure di negozi. Ora a certificare un trend tutt'altro che confortante sono i dati diffusi da Confesercenti Emilia Romagna, da cui emerge che in provincia di Parma il calo netto del numero delle imprese di commercio al dettaglio attive (cioè negozi e pubblici esercizi) è stato nel 2018 di 103 unità rispetto al 2017 e di 361 unità rispetto a cinque anni prima, ovvero il 2013.
Le imprese commerciali con attività prevalente nel commercio al dettaglio che alla fine dell'anno scorso erano attive nella nostra provincia erano 4.212, rispetto alle 4.315 di fine 2017 e alle 4.573 di fine 2013. Non meno rosea la situazione a livello regionale, con 910 imprese attive in meno nel 2018 rispetto al 2017 e 2.995 in meno rispetto al 2013. Togliendo Bologna, dove in un anno la differenza di imprese attive è stata di 206 unità, e tolta Ravenna, che ha avuto un calo praticamente identico al nostro, per il resto gli altri territori registrano variazioni assolute inferiori alla nostra. Più in particolare, le imprese di commercio al dettaglio che hanno cessato la propria attività nel 2018 a Parma e provincia sono state 352, a fronte di sole 135 nuove imprese iscritte, con un saldo negativo di 217 unità.
«Questi dati non sono sicuramente positivi, è evidente che c'è una sofferenza delle attività commerciali che dura ormai da una decina d'anni, dal 2008-2009», osserva Luca Vedrini, direttore di Confesercenti Parma. Il trend ormai consolidato, spiega, è quello che vede da molti anni «attività storiche che chiudono definitivamente e un turnover molto rapido nelle nuove imprese, che in molti casi aprono e chiudono nel giro di poco tempo» Una circostanza, quest'ultima, che per Vedrini «da un lato è segno di fermento commerciale, ma dall'altro indica chiaramente che la tenuta dal punto di vista economico è difficoltosa e che c'è necessità di supporto per la loro sopravvivenza».
Chi risente di più dell'attuale situazione di difficoltà, spiega il direttore di Confesercenti, sono le attività caratteristiche dell'abbigliamento e quelle che fanno maggiormente le spese della concorrenza dell'on line, come l'elettronica, i libri e tutto ciò che è prodotto standardizzato. In controtendenza, invece, i pubblici esercizi (come bar a ristoranti), in particolare con una buona ripresa per tutto ciò che riguarda il food.
Il quadro generale, comunque, resta preoccupante, sebbene Vedrini, a livello locale, individui alcuni aspetti che possono quantomeno indurre un briciolo di ottimismo. «È positivo quello che sta facendo il Comune per rilanciare il centro urbano (e non solo il centro storico) con interventi di supporto nelle zone dove ci sono particolari problemi, ad esempio con i bandi per incentivare l'apertura di nuove attività. Significativo anche l'investimento strutturale sul turismo, ma che va comunque rafforzato».
Se si lancia uno sguardo a ciò che succede fuori dall'Italia, là dove si manifestano tendenze che poi in genere arrivano anche da noi, per Vedrini è un buon segnale la ripresa dei consumi nei piccoli negozi. «Sta succedendo negli Stati Uniti, specie fra le generazioni più giovani dei millennials, che si dimostrano attenti alla qualità e stanno riscoprendo il gusto dell'acquisto di un prodotto servito». Tutto questo, in un futuro non troppo lontano, potrebbe riverberarsi anche in Italia e in particolare in un territorio come quello parmense, dove particolarmente alta è la sensibilità verso la qualità e il prodotto tipico.
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