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Disabili, l'ira di educatori e genitori

25 Gennaio 2015, 12:39

Maria Grazia Marinucci

Le classi differenziali dovrebbero essere un ricordo lontano, un “retaggio culturale” superato da anni di lotte che hanno rappresentato una conquista importante per i diritti dell’uomo: chi è disabile non va isolato ma incluso, chi è disabile non è un fastidio ma una risorsa per tutti e ha il diritto di integrarsi a scuola come nella società in cui vive. Il loro spettro invece è stato evocato ieri nel corso del convegno promosso dal coordinamento degli Educatori di Parma che si è svolto all’Auditorium Toscanini gremito di genitori, insegnanti e semplici cittadini.

Il timore diffuso tra i partecipanti è che i tagli paventati dal Comune al servizio di integrazione scolastica per disabili siano il primo passo per un ritorno al passato che davvero nessuno auspica.

«Sembra di essere tornati indietro nel tempo - spiega Alessandra Lombardi, educatrice e presentatrice del convegno -. Insieme con le famiglie abbiamo passato due mesi difficili e la scelta del Comune di tagliare parte delle ore della nostra attività comporta inevitabilmente di togliere dal contesto della classe piccoli gruppi di ragazzi che così verrebbero seguiti da meno educatori. Non ci sembra questa la strada giusta da percorrere, ad anno scolastico già iniziato e con la prospettiva di dover effettuare una scelta tra coloro che hanno disabilità meno gravi e che per questo potrebbero essere seguiti in gruppo, anziché individualmente».

«Anche per questo - prosegue la Lombardi - abbiamo deciso di organizzare l’incontro di oggi (ieri, ndr), perché abbiamo sentito il dovere di spiegare a tutti i cittadini che cosa significa integrazione, qual è il lavoro che viene svolto nelle scuole affinché venga tutelata la dignità di tutti e per quale motivo non si può fare a meno della figura dell’educatore».

Sono loro infatti i punti di riferimento più importanti per i ragazzi disabili. Sono 160 in tutto quelli che lavorano nelle scuole di Parma e che ogni giorno seguono 306 alunni dai 3 ai 19 anni. Sono loro che si occupano, con gli insegnanti di sostegno, della realizzazione di un progetto condiviso che parla di inclusione, cultura, benessere e dignità. Sono sempre loro che giorno dopo giorno tessono le trame di una rete sempre più forte che collega ragazzi disabili, scuola, famiglie e servizi presenti sul territorio.

«Sono una risorsa senza la quale la scuola non può funzionare - ha dichiarato Roberta Roberti, del Coordinamento “La scuola siamo noi” - e questo deve essere chiaro a tutti. Sono gli educatori a stabilire un rapporto umano importantissimo e fanno questo lavoro con passione, anche perché se lo facessero per lo stipendio sarebbero rovinati».

La maggior parte dei contratti - come hanno spiegato anche Tilla Pugnetti della FP Cgil e Elisabetta Opici della Fisascat Cisl - sono part-time il che significa che si lavora dalle 20 alle 30 ore settimanali e che si guadagna tra i 700 e gli 800 euro.

E sono sempre i sindacati a promettere di continuare a lottare finché la battaglia non sarà vinta: «Sabato 31 gennaio saremo in piazza dalle 9 alle 12 e alle 18 ci uniremo alla fiaccolata organizzata da educatori e famiglie», ha commentato la Pugnetti.

Così, mossi dallo spettro delle classi differenziali, educatori e famiglie torneranno in piazza sabato 31 gennaio, con l’obiettivo di difendere un diritto che dovrebbe essere scontato e lotteranno affinché tutto il lavoro svolto finora non venga spazzato via da una “sforbiciata” che agli occhi di molti sembra del tutto ingiustificabile.

 

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