×
×
☰ MENU

Po, un fiume di danni

Po, un fiume di danni

13 Dicembre 2014, 11:37

Paolo Panni

Sette emergenze in un mese (tre piene del Po, altrettante del Taro e un nubifragio) e duecentomila euro di danni sparsi su quattro Comuni. Questo, in estrema sintesi, il bilancio di un mese, quello di novembre, passato alla storia per le sue elevate temperature e per le sue piogge più che abbondanti. Ed ora si attende che il Governo, dopo la richiesta che sarà presentata dalla Regione dichiari lo stato di emergenza e liberi fondi per i necessari ripristini.

A fare il bilancio di questo «mensis horribilis» è Cristiano Ceccato, coordinatore della protezione civile per l’Unione Terre verdiane, che dopo aver vissuto da alluvionato l’alluvione del Baganza a Parma si è trovato a trascorrere intere giornate e notti nella Bassa a causa, appunto, del susseguirsi di emergenze. Iniziate con la piena del Taro nella notte fra il 5 e il 6 novembre (seguita poi da altre due) e terminate con quella del Po di inizio dicembre (seguita da altre due maggiori a metà novembre). E se, per quanto riguarda il Taro, la maggiore è stata quella della notte fra l’11 e il 12 novembre, la più preoccupante è stata quella fra il 15 e il 16 novembre perché «contemporaneamente - spiega Ceccato - si verificava anche la piena del Po e mai, prima d’ora, si era presentata una situazione simile. Per fortuna, alla fine il Po aveva ricevuto l'acqua del Taro».

Rimanendo sull’asse del Taro, Ceccato ha fatto sapere che «ci sono alcune criticità da monitorare». Si tratta di erosioni che in più punti sono emerse. Fra i «sorvegliati speciali», il Cepim per la sua vicinanza al fiume e per il fatto che la parte Nord presenta un livello piuttosto basso. «C’è poi una piccola zona a Grugno - ha sottolineato Ceccato - dove è presente una piccola chiavica che in passato ha presentato problemi di rigurgito e va monitorata».

Scendendo più a valle, preoccupazioni ci sono state per un paio di erosioni nella zona di San Secondo, in particolare quella alla «Curva del profeta» (tra Pizzo e San Secondo), mentre all’altezza di Fontanelle, rimangono le erosioni che si sono formate in zona Altocò, ben nota per il famoso taglio di meandro che si era verificato a Natale di cinque anni fa. Da allora Aipo ha speso quasi un milione di euro per sistemare il problema, ma la situazione ancora non è risolta. «Sono comunque erosioni - ha detto Ceccato - ben note ad Aipo, ai volontari e agli Enti locali. In più ci sono state alcune criticità all’altezza della confluenza Stirone/Taro: anche queste da tenere controllate». Ma la situazione più critica è quella dei Fasanetti, nel territorio di Roccabianca dove, come noto, a causa dell’effetto di rigurgito del Po in Taro, sono stati spazzati via trenta metri di un argine privato che difende una decina di abitazioni. Qui è già stata realizzata una «coronella» che si è rivelata provvidenziale, in occasione della piena del Po di dicembre, evitando il secondo allagamento delle case. «Si spera – ha detto Ceccato – che la Regione dia un contributo per ripristinare questo argine che è a protezione della pubblica incolumità».

Anche il senatore Renato Schifani recandosi sul posto aveva sottolineato l’opportunità di un intervento pubblico. Passando invece al fiume Po, va ricordato innanzitutto che le due piene di metà novembre hanno portato all’evacuazione delle aree golenali abitati. Provvedimento che ha riguardato una quarantina di persona a Polesine, 62 a Zibello (compresi i 20 ospiti della Casa di riposo «Santa Lucia») e 64 a Roccabianca. Molti, come spesso capita, non hanno lasciato le loro abitazioni (a Roccabianca però tutti hanno lasciato le loro abitazioni). E qui il coordinatore della protezione civile delle Terre verdiane fa alcune considerazioni sottolineando, innanzitutto, che «se a suo tempo, dopo la storica piena del 2000, tutti avessero aderito alla legge sulla delocalizzazione, ci sarebbero stati meno problemi. Sono ben pochi coloro che vi hanno aderito e quindi non può dirsi centrato l’obiettivo della riduzione del rischio. Per quanto riguarda le golene abitate, Aipo, che ha sempre dato ampie rassicurazioni circa la situazione degli argini maestri, non poteva dare certezze sui livelli degli argini consortili e privati non essendo di sua competenza».

Da qui, quindi, l’evacuazione decisa in via precauzionale, da alcuni accolta polemicamente. E su questo Ceccato ha evidenziato che «vi sono persone molto consapevoli che vivono da sempre su questo territorio, conoscono i rischi e i comportamenti del fiume. Sono collaborativi ma a volte presentano una eccessiva confidenza che, di conseguenza, li espone a rischi». Di particolare rilevanza, fra gli argini consortili, quello del Tombone, lungo 9 chilometri, che difende quindi un lungo tratto di argine maestro, un tratto anche di strada provinciale e le golene abitate di Zibello e Roccabianca. «E qui devo dire - ha ammesso Ceccato - che c’è stata un’ottima collaborazione con il Consorzio idraulico del Tombone. L’argine in sé ha presentato invece due criticità: a Stagno e nei pressi della corte Le Giare: in realtà erano comunque infiltrazioni di acqua chiara e quindi è stato sufficiente il semplice controllo delle stesse. Per non farsi mancare nulla, c’è stato poi il nubifragio nella notte fra mercoledì 12 e giovedì 13 novembre che «ha mandato in crisi - ha detto Ceccato - il reticolo idraulico dei canali di bonifica nella zona di Fontanellato, Fontevivo e San Secondo. A Fontevivo si sono allagate alcuni scantinati mentre a Fontanellato ci sono stati grossi rischi sul cavo Ramazzone. Si temeva un nuovo allagamento del Centro Cardinal Ferrari, come quello di pochi anni fa, ma per fortuna il terrapieno che era stato realizzato dopo quell’evento ha tenuto ed inoltre, grazie all’intervento dei volontari inviati dal Comitato provinciale di protezione civile, sono stati protetti con sacchi gli accessi al Cardinal Ferrari. Problemi ci sono stati sul cavo Gaiffa - ha continuato - che ha allagato i piazzali della Boschi e parte della campagna di Castell’Aicardi dove sono intervenuti i volontari della protezione civile e i tecnici della Bonifica». A questo si aggiungono gli allagamenti vistosi nelle campagne bussetane. Per quanto riguarda il funzionamento del sistema, Cristiano Ceccato ha parlato di «massima collaborazione tra Enti e tecnici. Si sono fatte riunioni congiunte in Prefettura - ha ricordato - e anche nei Comuni interessati. Massima collaborazione c’è stata anche da parte delle forze di polizia e da Aipo. Sicuramente qualcosa da migliorare c’è: per esempio sono emerse chiare discrepanze sui dati dei vari idrometri, sia sul Po che sul Taro. Credo sia quindi necessario cercare una certa uniformità. Vi sono inoltre Comuni come quelli di Soragna, Fontanellato e Fontevivo dove a tutt’oggi mancano associazioni locali di protezione civile».

Ceccato ha elogiato il Comune di San Secondo «che si è messo a disposizione coi suoi volontari come centro logistico per la produzione di sacchetti, realizzati con una insacchettatrice meccanica, e per il loro smistamento sui comuni rivieraschi che ne avevano necessità. Sono stati realizzati circa 4mila e 500 sacchetti di sabbia e direi che, grazie al lavoro di tanti volontari, si è fatto un ottimo servizio». Ed infine, passando al capitolo «danni», Cristiano Ceccato ha fatto sapere che «in tutti i Comuni rivieraschi del Po vi sono problemi riguardanti la viabilità nelle strade golenali. Molte di queste sono state infatti danneggiate». Una su tutte quella di Ongina di Polesine, dove si sono formate voragini sulla strada che corre sull’argine che difende l’abitato dall’Ongina stessa. «Le piene del Po - ha aggiunto Ceccato - hanno danneggiato alcuni arginelli accanto all’argine consortile del Tombone. A Roccabianca ci sono stati danni al parco Le Scalette, in zona Lanca dei Francesi oltre al già noto problema dei Fasanetti. Danneggiato inoltre un ponte in località Zanzara. A Sissa Trecasali, comune che per quanto concerne la protezione civile, è interessato dal nostro servizio, ci sono stati danni al ristorante Laghi Verdi di Gramignazzo, all’impiantistica dello Storione e al piazzale antistante oltre che al parco Boschi di Maria Luigia, e si sono rotti alcuni argini. Sarà inoltre da verificare la situazione del ponte di Gramignazzo. Nel complesso - ha osservato - non sono danni eclatanti, ma sono importanti e vanno sistemati. In questi giorni tutti i Comuni, su richiesta della Provincia, hanno inviato la ricognizione danni che servirà poi alla Regione per inoltrare al Governo la richiesta per lo stato di emergenza».

© Riproduzione riservata

CRONACA DI PARMA

GUSTO

GOSSIP

ANIMALI