Laura Frugoni
La sirena spacca l'aria poco dopo le 11 in strada Mercati. L'ambulanza corre: adagiato sul lettino c'è un giovane con il ventre squarciato dalle coltellate, almeno tre. Straniero del Camerun, 28 anni, ospite di un appartamento d'accoglienza gestito dal Ciac.
L'allarme è stato lanciato da chi abita in quella casa, che non è così facile da trovare: defilata in un piazzale interno rispetto alla strada, nessun'altra abitazione intorno. In giro neanche un'anima: le auto parcheggiate di polizia e carabinieri fanno capire che il posto è giusto, oltre a un paio di ciabatte insanguinate davanti al minuscolo portoncino d'ingresso.
Pochi minuti e portano fuori l'aggressore ammanettato: ha il dito di una mano fasciato, lo sguardo basso, quando sono arrivati a prenderlo non ha opposto resistenza e nemmeno ha cercato di scappare. E' di origini somale, stessa età dell'uomo che ha accoltellato, ospite nella stessa casa d'accoglienza. Ora è chiuso nel carcere di via Burla, il reato di cui dovrà rispondere è pesantissimo: tentato omicidio.
Ma cosa è successo in quell'appartamento? Cos'ha scatenato il micidiale raptus di violenza?
Sia il giovane accoltellato che l'aggressore sono stranieri regolari, da anni in Italia, fedine immacolate: mai nessun problema con la giustizia. Non c'entrano con i disperati di Mare Nostrum appena scesi dai barconi: il giovane finito all'ospedale lavora come mediatore in una cooperativa di solidarietà sociale, l'arrestato sta seguendo un tirocinio. Sono inseriti nello Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), un programma nazionale che punta all'integrazione sociale ed economica delle persone assistite.
Arrivano gli uomini della scientifica con le valigette nere: salgono nell'appartamento, mentre cominciano a scendere altri ospiti della casa. «Sei del Ciac?», chiede un giovane in canottiera bianca. No, sono una giornalista: mi puoi spiegare quello che è successo? «Abbiamo detto tutto alla polizia» risponde gentile e subito si avvicina un altro immigrato. Cominciano a raccontare. «J. (il giovane accoltellato, ndr) dormiva nella nostra camera, l'altro in un'altra. A un certo punto il somalo è arrivato a svegliare un suo amico che dormiva da noi. J. si è arrabbiato perché non aveva bussato alla porta. Si è alzato, ha raggiunto l'altro nella camera e gli ha dato un pugno. Il somalo è andato in cucina a prendere un coltello, e con quello l'ha colpito diverse volte. Ha perso molto sangue».
Qualcuno ha tentato di separarli? «Sì, uno ha cercato di mettersi in mezzo ma ormai era tardi». Due testimoni dell'aggressione sono stati fatti salire su una gazzella per essere ascoltati di nuovo nella tranquillità di una caserma: i loro racconti forniranno altri tasselli, ma sembra sufficientemente chiaro che l'aggressione sia scaturita dai cosiddetti «futili motivi».
«Non è la prima volta che quei due litigano: già qualche mese fa era successo», dice il ragazzo con la canottiera bianca. Qualche baruffa sì, «ma sangue mai».
Spiega che nell'appartamento ci sono quattro camere, gli ospiti attualmente sono undici. Tutti uomini, tutti giovani che arrivano al massimo ai quarant'anni. «Veniamo da tanti Paesi. Costa d'Avorio, dalla Somalia, dal Camerun... J. è qui da un anno, l'altro un po' meno di un anno. Ma comunque la gente spesso cambia. Non so cosa gli è preso: di solito è un tipo calmo. Non fuma neanche le sigarette».
L'alcol può c'entrare? Il giovane scuote la testa deciso: «Non erano ubriachi».
Il giovane accoltellato è stato operato, ora è ricoverato in chirurgia d'urgenza. Le sue condizioni sono leggermente migliorate, la prognosi resta riservata.
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