Chiara Pozzati
Non per tutti è necessario il turismo della speranza oltre frontiera. Una volta decaduto il divieto sancito dalla Legge 40 del 2004, anche Parma è pronta ad effettuare la fecondazione eterologa pubblica.
Il costo? Mediamente è di 200 euro circa, considerando la somma dei ticket per ogni prestazione. Ma è un prezzo molto variabile – nonostante il costo dei ticket sia fissato dalla Regione – dipende infatti totalmente dai singoli casi. C’è per esempio chi deve effettuare più analisi prima del trattamento. Intanto una certezza: nei primi cinque mesi dell’anno sono già 180 le coppie che hanno fatto tappa negli ambulatori del Centro di Pma (Procreazione medicalmente assistita) del Maggiore, che proprio oggi riapriranno dopo un periodo di chiusura per lavori. E sono già stati effettuati 122 «cicli», o per meglio dire tecniche di fecondazione che però esulano dall’eterologa.
Il calendario è fitto e la lista d’attesa - oggi - è di circa un anno. «Ma occorre fare il punto sulla situazione considerando soprattutto le aspettative realistiche e senza creare illusioni», ammonisce Lorenzo Barusi, al timone del centro del Maggiore, che traccia un bilancio insieme al ginecologo Luca Levati. Innanzitutto un po’ di dati: il termine massimo per le donne che si rivolgono al centro – fissato sempre dalle normative regionali – è di 43 anni e la percentuale di riuscita è attorno al 20%, questo per ogni trattamento che si intende intraprendere.
«Il nostro è un centro di terzo livello, ciò significa che non solo è attrezzato per effettuare le diverse tecniche, ma anche per gestire le complicanze». E allora scopriamo l’identikit di chi si rivolge ai nostri ambulatori per un bimbo grazie alla provetta. «Per la fecondazione eterologa, si tratta di coppie che vengono anche da fuori regione, parliamo di Sicilia, Puglia, Abruzzo, Campania. Ma anche da Magreb, Est Europa e qualcuno dall’Asia».
Altro dato interessante: la maggior parte degli aspiranti genitori ha un lavoro fisso, ma non mancano anche le richieste da parte di disoccupati. L’età media delle donne è di 35 anni. Come funziona? «E’ fondamentale la parte conoscitiva – chiarisce Barusi, al Maggiore da ottobre scorso ma già “papà” del Centro Pma dell’ospedale di Fidenza -. Sono un ginecologo di lungo corso e sul campo ho sperimentato quanto sia fondamentale l’ascolto, l’accompagnamento, l’aiuto passo dopo passo. Dopo i primi colloqui vengono effettuate le analisi e gli accertamenti da fare, quindi si consiglia la tecnica più appropriata».
Quante persone a Parma hanno problemi di fertilità? «Circa il 2% della popolazione, in linea con le stime nazionali. In sostanza, ogni anno, in tutto il Belpaese, sono 60 mila le nuove coppie ipofertili. E l’incidenza sugli uomini e sulle donne è la stessa». Quando si affrontano questi argomenti tutto contribuisce a dare l’idea che tutto sia possibile. E sia possibile sempre.
«Ma non è così. Non solo: ci sono costi fisiologici e psicologici da mettere in conto – va dritto al sodo il luminare -. Ecco perché credo sia fondamentale chiarire due aspetti. Primo: sia per gli uomini che per le donne sono essenziali i controlli, specialmente ora che si è abbassata considerevolmente l’età del primo rapporto sessuale e si è alzata l’età del concepimento. Questo ha provocato di fatto una dilatazione del periodo in cui è possibile contrarre malattie sessualmente trasmissibili. Secondo: la fertilità non è infinita non si può pretendere che la provetta contrasti il naturale processo di invecchiamento».
Ma esistono rischi maggiori per i cosiddetti figli della provetta? «Allo stato attuale delle ricerche non si è evidenziato nulla dal punto di vista neurologico e psicologico. Dal punto di vista fisico si è riscontrato un lieve incremento di malformazioni. Dato che non è imputabile alla tecnica ma alla condizione di base, al fatto cioè che partiamo da coppie ipofertili».
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